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giovedì 25 giugno 2009

Interessante articolo diWired.it: P = Φ (A,B,Y) La formula del crac

P = Φ (A,B,Y) La formula del crac

Di Felix Salmon|16 marzo 2009

Foto: Flickr CC: “Aranha

Soltanto un anno fa si dava per scontato che un mago della matematica come David X. Li si sarebbe prima o poi visto attribuire il premio Nobel. Dopotutto alcuni economisti finanziari, perfino tra gli Analisti di Wall Street (i cosiddetti quant), avevano già ricevuto il Nobel in economia e il lavoro di Li sulla misurazione del rischio ha avuto un impatto superiore, e più rapido, rispetto ai contributi alla materia dei precedenti Nobel. Oggi però, mentre banchieri, politici, autorità di regolamentazione e investitori osservano stupefatti gli effetti della più grande crisi finanziaria dalla Depressione in poi, Li probabilmente può dirsi contento di avere ancora un lavoro nel mondo della finanza. Non che i suoi risultati siano da buttare via. Si è preso in carico un noto problema – determinare la Correlazione, cioè il modo in cui gli eventi più disparati sono strettamente collegati tra loro – e l’ha risolto con una formula matematica semplice ed elegante, una formula che presto sarebbe diventata onnipresente nel mondo della finanza internazionale.

Per cinque anni la formula di Li, nota come funzione di copula gaussiana, è apparsa come un notevole progresso, un pezzo di teoria finanziaria che permetteva di modellare in maniera più facile e accurata rispetto al passato rischi altamente complessi.

Con la sua propensione per la matematica illusionistica, David X. Li ha reso possibile ai trader la vendita di enormi quantità di nuovi titoli, provocando un’espansione senza precedenti dei mercati finanziari. Il metodo che aveva messo a punto è stato adottato da tutti, dagli investitori in obbligazioni (bond) alle banche di Wall Street, passando per le agenzie di rating e le autorità di regolamentazione, e si è radicato così profondamente che le preoccupazioni sui suoi limiti sono state ignorate alla grande.

Poi il modello è crollato. Le prime crepe sono apparse presto, non appena i mercati finanziari hanno cominciato a comportarsi in modi che gli utilizzatori della formula di Li non avevano previsto. Quelle crepe sono diventate voragini nel 2008, quando le fratture nel sistema finanziario hanno ingoiato migliaia di miliardi di dollari, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza del sistema bancario mondiale. David X. Li, insomma, non riceverà a breve termine il Nobel. La sua funzione di copula gaussiana passerà alla storia come la formula all’origine delle perdite che hanno messo in ginocchio il sistema finanziario mondiale.


Come può una formula mettere a segno un colpo così devastante?

La risposta risiede nel mercato delle obbligazioni, il sistema che permette a fondi pensione, compagnie d’assicurazione e fondi speculativi di prestare altrettante migliaia di miliardi ad aziende, paesi e acquirenti di case. Un’obbligazione, naturalmente, è solo un pagherò, una promessa di restituire denaro con gli interessi entro una certa data. Se un’azienda prende denaro a prestito emettendo un’obbligazione, gli investitori controlleranno con attenzione i suoi conti, per assicurarsi che disponga dei mezzi necessari per ripagare il debito. Più alto è il rischio percepito – e c’è sempre qualche rischio -, più alto dovrà essere il tasso d’interesse che l’obbligazione porta con sé.

Chi investe in obbligazioni è del tutto a suo agio con il concetto di probabilità. Se esiste l’un per cento di possibilità di fallimento ma si ottengono due punti percentuali di interessi extra, ci si sente in un’ottima posizione: come un casinò che, una volta ogni tanto, è felice di perdere, purché il banco vinca per la maggior parte del tempo.Gli investitori in obbligazioni acquistano anche fondi comuni (pool), che raggruppano centinaia, e persino migliaia, di mutui ipotecari. Le cifre potenzialmente in gioco sono sbalorditive: gli americani oggi devono restituire più di 11mila miliardi di dollari di debiti contratti per acquistare le loro case. Non ci sono tassi d’interesse garantiti, visto che la somma di denaro che i proprietari di case ripagano collettivamente ogni mese dipende da quanti debitori hanno rinegoziato e da quanti hanno saltato il pagamento. Né una data fissa in cui questi interessi maturano: il denaro affluisce in modo irregolare, visto che la gente ripaga il proprio mutuo in momenti imprevedibili. Per esempio, quando decide di vendere la propria casa. E, fatto ancora più problematico, non esiste un modo facile per assegnare una probabilità unica alla possibilità di insolv

Wall Street ha risolto molti di questi problemi con un procedimento definito tranching, che suddivide un fondo in tante parti e permette la creazione di obbligazioni sicure a rischio nullo, valutate con una tripla A. Gli investitori nella prima tranche, o fetta, saranno i primi a essere pagati. Chi viene dopo nella lista potrebbe ottenere solo una valutazione di rischio a doppia A sulla sua tranche di obbligazioni, ma sarà in grado di farsi pagare un tasso d’interesse più alto, poiché si è accollato una possibilità d’insolvenza leggermente più alta. E così via.

Le agenzie di rating e gli investitori si sentivano così sicuri con le tranche a tripla A perché credevano che in nessun modo centinaia di proprietari immobiliari sarebbero stati insolventi tutti insieme nello stesso momento. Una persona può ammalarsi, un’altra perdere il lavoro, ma queste sono disgrazie individuali che non incidono sul fondo di mutui nel suo complesso: tutti gli altri stanno ancora pagando puntualmente le proprie rate.

Non tutte le disgrazie però sono individuali, e il tranching non ha ancora risolto i problemi legati al rischio sui fondi composti da mutui ipotecari. Se i prezzi delle case nella tua zona crollano e tu perdi un po’ della tua quota di capitale, ci sono buone possibilità che anche i tuoi vicini perdano la propria quota. Se, come risultato, diventi insolvente sul mutuo, c’è una probabilità più alta che anche loro non siano in grado di pagare. Si chiama Correlazione: è il grado in cui una variabile si muove in linea con un’altra. Misurare la Correlazione è importante per determinare il fattore di rischio delle obbligazioni sui mutui ipotecari.

Gli investitori amano il rischio, purché possano dargli un prezzo. Quello che odiano è l’incertezza, il non sapere quanto sia grande. Di conseguenza, gli investitori in obbligazioni e i fornitori di mutui vogliono misurare nella maniera più esatta possibile la Correlazione, per darle un prezzo. Prima dell’avvento dei modelli quantitativi, l’unico momento in cui si investiva con relativa tranquillità nei fondi composti da mutui era quando non esisteva alcun rischio; in altre parole, quando le obbligazioni erano garantite implicitamente da agenzie semipubbliche come le cosiddette Fannie Mae e Freddie Mac. Eppure durante gli anni Novanta, mentre i mercati globali si espandevano, c’erano migliaia di miliardi di nuovi dollari che aspettavano di essere messi a disposizione di debitori in tutto il mondo. E non solo delle persone che cercavano un mutuo, ma anche di multinazionali, acquirenti di automobili e in generale di chiunque disponesse di una carta di credito. Il problema è difficile e doloroso. Specialmente quando le parti coinvolte sono migliaia.

Per capire meglio la Matematica della Correlazione, pensate a qualcosa di semplice, come una ragazzina delle elementari: chiamiamola Alice. La probabilità che i suogenitori si separino quest’anno è pari al 5 per cento circa, il rischio che prenda i pidocchi è pari al 5 per cento circa, la possibilità che veda un insegnante scivolare su una buccia di banana è pari al 5 per cento circa, e la probabilità che vinca la gara di ortografi a della propria scuola è pari al 5 per cento circa. Se gli investitori stessero trattando titoli basati sulla possibilità che una di queste cose capiti ad Alice, starebbero tutti trattando più o meno allo stesso prezzo

Ma se consideriamo due bimbe invece di una, non solo Alice ma anche la sua compagna di banco, Britney, accade una cosa fondamentale. Se i genitori di Britney divorziano, quali sono le possibilità che anche i genitori di Alice divorzino? Ancora circa il 5 per cento: la Correlazione qui è vicina allo zero. Ma se Britney prende i pidocchi, le possibilità che Alice prenda i pidocchi sono molto più alte, circa il 50 per cento: la Correlazione è probabilmente salita intorno allo 0,5. Se Britney vede un’insegnante scivolare su una buccia di banana, quante possibilità esistono che anche Alice la veda? Molto alte, sono sedute una accanto all’altra: potrebbero anche arrivare fino al 95 per cento, il che significa che la Correlazione è vicina a 1. E se Britney vince la gara di ortografia, la possibilità che la vinca Alice è zero, il che signifi ca che la Correlazione è negativa: -1. Se gli investitori stessero commerciando in titoli basati sulla possibilità che le cose accadano sia ad Alice sia a Britney, i prezzi sarebbero molto diversi tra loro, visto che le Correlazioni variano notevolmente.

Ma la Correlazione è una scienza molto inesatta. Misurare solo le probabilità iniziali del 5 per cento signifi ca raccogliere grandi quantità di dati disparati e sottoporli a tutta una serie di analisi statistiche e di errore. Cercare di determinare la probabilità condizionata – la possibilità che Alice prenda i pidocchi da Britney – è ancora più diffi cile, visto che quel tipo di dati è molto più raro. A causa della scarsità di dati storici, è probabile che gli errori siano molto più grandi.

Nel mondo dei mutui è ancora più difficile. Qual è la possibilità che il valore di una certa casa diminuisca? Si può guardare alla storia passata dei prezzi degli immobili per farsi un’idea, ma sicuramente anche la situazione macroeconomica del paese gioca un ruolo importante. E qual è la possibilità che se una casa in uno Stato perde valore, lo perda anche una casa simile in un altro Stato?


Qui entra in gioco Li, un astro della matematica, cresciuto nella Cina rurale intorno alla metà degli anni Sessanta.

Bravissimo a scuola, a un certo punto conseguì una laurea in Economia all’università di Nankai, prima di lasciare il paese per un Mba all’università di Laval in Québec. Subito dopo ottenne un master in Scienze attuariali e un dottorato di ricerca in Statistica, entrambi presso l’università di Waterloo in Ontario. Nel 1997 approdò alla Canadian Imperial Bank of Commerce, dove la sua carriera finanziaria cominciò a farsi seria; in seguito si spostò a Barclays Capital, dove nel 2004 fu incaricato di ricostituire la squadra di analisti quantitativi.

Il percorso di Li è tipico dell’epoca quant, che ebbe inizio alla metà degli anni Ottanta. L’ambiente accademico non ha mai potuto competere con gli enormi salari off erti da banche e fondi speculativi. Così legioni di laureati in matematica e fisica sono state arruolate per creare e fi ssare i prezzi e contribuire all’effi cienza delle strutture d’investimento di Wall Stree

Nel 2000, mentre lavorava in JPMorgan Chase, Li pubblicò nel Journal of Fixed Income uno studio dal titolo “Sulla Correlazione d’insolvenza: un approccio basato sulla funzione copula”. In statistica, una copula viene usata per mettere in relazione il comportamento di due o più variabili; usando formule matematiche relativamente semplici, almeno considerando gli standard di Wall Street, Li escogitò un modo ingegnoso di modellare la Correlazione d’insolvenza senza nemmeno guardare i dati storici di insolvenza. Utilizzò, invece, i dati di mercato sui prezzi di strumenti conosciuti come i Cds, Credit default swap (scambio di flussi sui rischi di credito).

Come funzionano i Cds? L’investitore al giorno d’oggi ha due scelte: può prestare denaro in maniera diretta al debitore acquistando l’obbligazione, oppure può vendere i Credit default swap, assicurazioni contro quegli stessi debitori nel caso diventassero insolventi. In ogni caso, percepirà un flusso regolare di introiti, pagamenti di interessi o pagamenti del premio assicurativo. In entrambi i casi, se il debitore è insolvente, perderà un sacco di soldi. I ritorni sono pressoché identici per entrambe le strategie, ma siccome per ogni singolo debitore può essere venduto un numero illimitato di Credit default swap, la disponibilità di swap non è ristretta come quella delle obbligazioni, e quindi il mercato dei Cds è riuscito a crescere in maniera estremamente rapida. Nonostante fossero relativamente nuovi quando uscì lo studio di Li, diventarono presto un mercato più grande e più liquido rispetto alle obbligazioni sulle quali erano basati.

Se il prezzo di un Credit default swap si alza, signifi ca che si è alzato il rischio d’insolvenza. La scoperta di Li fu questa: invece di aspettare di avere messo assieme un numero suffi ciente di dati storici sull’insolvenza, che sono rari nel mondo reale, si poteva usare lo storico dei prezzi del mercato dei Cds. È difficile costruire un modello storico per prevedere i comportamenti di Alice o di Britney, ma chiunque può vedere se il prezzo dei Credit default swap su Britney tende a muoversi nella stessa direzione di quello dei Cds su Alice. E se lo fa, allora c’è una forte correlazione tra i rischi d’insolvenza di Alice e di Britney, come dice il prezzo assegnato loro dal mercato. David X. Li elaborò un modello che usava come scorciatoia i prezzi dei Cds al posto dei dati d’insolvenza del mondo reale, dando implicitamente per scontato che i mercati fi nanziari, e i mercati Cds in particolare, potessero assegnare un prezzo corretto al rischio d’insolvenza.

Era la brillante semplificazione di un problema difficile. E Li non solo alleggerì la difficoltà di elaborare le Correlazioni, ma decise anche di non preoccuparsi di calcolare il numero quasi infi nito di relazioni tra i vari prestiti che costituiscono un fondo. Che cosa succede quando il numero dei partecipanti al fondo cresce, o quando si mischiano Correlazioni positive con Correlazioni negative? Tutto questo non importa, ha detto lui. L’unica cosa che importa è il numero di Correlazione finale: un dato chiaro, semplice e onnipotente, in grado di riassumere tutto.

L’effetto sul mercato della cartolarizzazione fu galvanizzante. Fermiamoci un attimo: la cartolarizzazione, è bene ricordarlo, è una cessione di attività. Se io sono un creditore, posso vendere a un terzo il diritto a esigere dal debitore la somma dovuta con gli interessi. Se il debitore si rivela insolvente, è il terzo acquirente e non il venditore del credito a perdere tutto. Cartolarizzazione, dunque: brandendo la formula di Li, gli Analisti di Wall Street videro un mondo di nuove possibilità. E la loro prima mossa fu creare una quantità enorme di titoli a tripla A nuovi di zecca. Usando la formula di Li, le agenzie di rating non avevano più bisogno di scervellarsi sui titoli sottostanti. Bastava quel numero di Correlazione e ne sarebbe uscito un rating che avrebbe detto loro quanto fosse sicura la tranche

Come risultato, quasi tutto poteva essere messo in un pacchetto e trasformato in un’obbligazione a tripla A: obbligazioni corporate, prestiti bancari, titoli basati su mutui, quello che si voleva. I fondi che ne conseguivano erano spesso noti come Cdo, Collateralized debt obligation. Si poteva dividere il fondo in tranche e creare un titolo a tripla A anche se nessuna delle componenti era una tripla A. Era persino possibile prendere delle tranche con un rating inferiore da altri Cdo e metterle in un altro fondo, suddividendole a loro volta in tranche. Quest’ultimo è uno strumento conosciuto come Cdo al quadrato ed era così lontano da qualunque obbligazione o prestito o mutuo sottostante che nessuno davvero aveva idea di che cosa includesse. Ma non importava. La formula di Li copriva tutto.

I mercati Cds e Cdo crescevano assieme, alimentandosi a vicenda. Alla fine del 2001, c’erano 920 miliardi di Credit default swap non evasi. Alla fine del 2007, quel numero superava i 62mila miliardi; il mercato dei Cdo, che nel 2000 era fermo a 275 miliardi, nel 2006 raggiunse i 4700 miliardi.

Al centro di tutto questo c’era la formula di Li. Tra chi lavorava nella finanza si sentivano parole come “bello”, “semplice” e soprattutto “trattabile”. La formula si poteva applicare ovunque e fu presto adottata non solo dalle banche ma anche dai trader e dai fondi speculativi. «Il trading della Correlazione si è diff uso nella psiche dei mercati finanziari come un virus estremamente contagioso », scrisse il guru dei prodotti derivati Janet Tavakoli nel 2006.


Il danno era preveridibile ed effettivamente fu previsto.

Nel 1998, anche prima che Li inventasse la sua funzione copula Paul Wilmott, consulente e docente di fi nanza quantitativa, scriveva: «Le Correlazioni tra le quantità fi nanziarie sono notoriamente instabili». Affermava, in altre parole, che nessuna teoria dovrebbe essere fondata su parametri così imprevedibili. E non era il solo. Durante gli anni del boom, tutti erano in grado di enumerare le ragioni per cui la funzione di copula gaussiana non era perfetta. L’approccio di Li non ammetteva l’imprevedibilità: dava per scontato che la Correlazione fosse una costante invece che qualcosa di instabile.

Col senno di poi, ignorare gli avvertimenti fu quantomeno avventato. Ma a quei tempi era facile. Le banche non li tenevano in considerazione, anche perché i manager non capivano le discussioni tra i diversi rami dell’universo degli Analisti. E poi stavano facendo troppi soldi.

In finanza non si può mai del tutto ridurre il rischio: si può solamente tentare di mettere in piedi un mercato in cui chi non vuole il rischio lo vende a chi invece vuole rischiare. Ma nel mercato dei Cdo la gente usava il modello della copula gaussiana per convincersi che non c’era alcun rischio, quando in effetti non si correva pericolo soltanto per il 99 per cento del tempo. Per il restante 1 per cento, il rischio era invece esplosivo e poteva facilmente distruggere tutti i guadagni passati.

La formula di Li era usata per dare un prezzo a centinaia di miliardi di dollari in Cdo carichi di mutui ipotecari. E siccome la formula usava i prezzi dei Cds per calcolare la Correlazione, doveva per forza limitarsi a osservare il periodo di tempo in cui quei Credit default swap erano esistiti: meno di dieci anni, un periodo in cui i prezzi delle case erano in crescita costante. Naturalmente, le Correlazioni d’insolvenza erano molto basse in quegli anni. Ma quando il boom dei mutui è cessato e i prezzi delle case hanno cominciato a crollare in tutto il paese, le Correlazioni sono aumentate. Nessuno però voleva fermare la creazione dei Cdo e le grandi banche continuarono a costruirne di nuovi, ricavando i propri dati di Correlazione da un periodo in cui il mercato immobiliare saliva e basta. La prima ragione era che i risultati arrivavano da modelli di calcolo “a scatola nera”, molto diffi cili da sottoporre anche al semplice senso comune.

L’altra ragione era che gli Analisti, che avrebbero dovuto essere più consapevoli dei punti deboli del sistema, non erano quelli che prendevano le decisioni.

«Non si può biasimare Li», dice Gilkes di Credit-Sights. «Dopotutto, ha solo inventato il modello. Invece, dovremmo incolpare i banchieri che lo hanno male interpretato. E persino allora, il vero pericolo non è nato perché un certo trader lo ha adottato, ma perché la totalità dei trader lo ha fatto. Nei mercati finanziari, quando tutti fanno la stessa cosa, è inevitabile che si arrivi a una bolla e alla sua esplosione».

Li è rimasto estraneo al dibattito sulle cause del crac finanziario. Anzi, non è più nemmeno negli Stati Uniti. Parecchi mesi fa si è trasferito a Pechino, ed è attualmente a capo del dipartimento di gestione del rischio di China International Capital Corporation. In un recente colloquio è apparso riluttante a discutere il suo studio e ha dichiarato di non poter parlare senza il permesso del Dipartimento per le pubbliche relazioni. In risposta a una richiesta successiva, l’ufficio stampa della Cicc ha mandato un’email in cui diceva che Li non stava più facendo lo stesso tipo di lavoro, e quindi non avrebbe parlato con i media.

Nel mondo della finanza troppi Analisti vedono solo i numeri davanti a sé e si dimenticano della realtà concreta che le cifre dovrebbero rappresentare. Poi le persone investono sulla base di quelle probabilità, senza fermarsi a chiedersi se i numeri abbiano o meno un senso.

Come lo stesso David X. Li ha dichiarato a proposito del suo modello matematico: «La cosa più pericolosa è quando la gente crede a tutto ciò che ne esce».

Online editing di Isabella Panizza Cutler

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