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martedì 15 settembre 2020

¡Viva Mexico! 16 Settembre

Nella mattinata del 16 settembre 1810, il curato di Dolores Hidalgo, Don Miguel Hidalgo y Costilla, accompagnato da Ignacio Allende e da Juan Aldama, radunò il popolo facendo suonare le campane a martello.

Cosi si narra inizi la rivoluzione messicana, ed il 16 settembre si festeggia questo grido di indipendenza in tutto il Messico.

Da quel giorno, ogni anno, il Messico ricorda i suoi eroi con una festa che raggiunge ogni angolo del Paese: in alcune provincie si ricrea la proclamazione di Hidalgo e a mezzanotte, a Città del Messico, il presidente si affaccia dal balcone del Palacio Nacional per suonare una campana.

I festeggiamenti prevedono fuochi d’artificio, parate, balli e la popolazione espone bandiere del Messico e altri simboli patriottici. Ogni festa che si rispetti, però, culmina con i piaceri della tavola e questa giornata così importante ha il suoi piatti tipici: preparazioni tricolore (rosso, bianco e verde) a base di carne e, ovviamente, il tequila, bevanda nazionale.

Nota per i miei amici statunitensi: quindi non il 5 di maggio , data della battaglia di puebla, è la festa dei Messicani, ma il 16 di Settembre, culmine del mese della patria.

La festa coinvolge tutti i messicani e chi, come me, ha il Messico nel cuore. Una festa a cui non ho ancora potuto partecipare, come vorrei poter essere in quella piazza di città del Messico.

Quest’anno in tono minore a causa del covid, non ci saranno le piazze festanti, non ci sarà nel zocalo la moltitudine ad ascoltare il presidente pronunciare le parole del grito (per il covid al massimo 500 persone).

Ma rimane il culmine del sentimento di amor patrio ed orgoglio nazionale di un paese che nonostante tutti i problemi rimane uno dei posti più belli al mondo.

A volte vorrei che questo orgoglio fosse speso dai messicani per affrontare le loro problematiche interne, dal crimine organizzato alla corruzione endemica, in maniera da rendere onore a un paese di storia, cultura, tradizione, bellezza ed accoglienza incredibili.

“¡Mexicanos!,

¡Viva la independencia nacional!,

¡Vivan los héroes que nos dieron patria y libertad!,

¡Viva Hidalgo!,

¡Viva Morelos!,

¡Viva Allende!,

¡Viva la Corregidora!,

¡Viva Aldama!,

¡Viva Guerrero!”,

¡Viva Mexico!

¡Viva Mexico!

¡Viva Mexico!



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¡Viva Mexico! 16 Settembre

Nella mattinata del 16 settembre 1810, il curato di Dolores Hidalgo, Don Miguel Hidalgo y Costilla, accompagnato da Ignacio Allende e da Juan Aldama, radunò il popolo facendo suonare le campane a martello.

Cosi si narra inizi la rivoluzione messicana, ed il 16 settembre si festeggia questo grido di indipendenza in tutto il Messico.

Da quel giorno, ogni anno, il Messico ricorda i suoi eroi con una festa che raggiunge ogni angolo del Paese: in alcune provincie si ricrea la proclamazione di Hidalgo e a mezzanotte, a Città del Messico, il presidente si affaccia dal balcone del Palacio Nacional per suonare una campana.

I festeggiamenti prevedono fuochi d’artificio, parate, balli e la popolazione espone bandiere del Messico e altri simboli patriottici. Ogni festa che si rispetti, però, culmina con i piaceri della tavola e questa giornata così importante ha il suoi piatti tipici: preparazioni tricolore (rosso, bianco e verde) a base di carne e, ovviamente, il tequila, bevanda nazionale.

Nota per i miei amici statunitensi: quindi non il 5 di maggio , data della battaglia di puebla, è la festa dei Messicani, ma il 16 di Settembre, culmine del mese della patria.

La festa coinvolge tutti i messicani e chi, come me, ha il Messico nel cuore. Una festa a cui non ho ancora potuto partecipare, come vorrei poter essere in quella piazza di città del Messico.

Quest’anno in tono minore a causa del covid, non ci saranno le piazze festanti, non ci sarà nel zocalo la moltitudine ad ascoltare il presidente pronunciare le parole del grito (per il covid al massimo 500 persone).

Ma rimane il culmine del sentimento di amor patrio ed orgoglio nazionale di un paese che nonostante tutti i problemi rimane uno dei posti più belli al mondo.

A volte vorrei che questo orgoglio fosse speso dai messicani per affrontare le loro problematiche interne, dal crimine organizzato alla corruzione endemica, in maniera da rendere onore a un paese di storia, cultura, tradizione, bellezza ed accoglienza incredibili.

“¡Mexicanos!,

¡Viva la independencia nacional!,

¡Vivan los héroes que nos dieron patria y libertad!,

¡Viva Hidalgo!,

¡Viva Morelos!,

¡Viva Allende!,

¡Viva la Corregidora!,

¡Viva Aldama!,

¡Viva Guerrero!”,

¡Viva Mexico!

¡Viva Mexico!

¡Viva Mexico!

Il rapporto con la verità

Uno degli argomenti che seguo ultimamente è lo sviluppo della campagna elettorale statunitense. Un esercizio interessante perchè permette uno sguardo distaccato rispetto le nostrane vicende.

Ultimamente l’attuale presidente nonché candidato del GOP è incappato in alcuni incidenti di percorso in cui, tanto per cambiare, sono usciti audio o notizie che riportavano sue dichiarazioni che dimostravano, in maniera abbastanza inequivocabile,come il presidente incarica avesse espresso giudizi non rispettosi e avesse mentito..

Il primo è stato il commento poco lusinghiero riferito ai soldati americani morti durante la seconda guerra mondiale, definiti perdenti e sfigati.

https://eu.usatoday.com/story/news/2020/09/04/trump-calls-military-dead-losers-he-denies-claim-atlantic/5714254002/

Nella cultura americana il mito dell’eroe e del sacrificio sono fortissimi, ma Trump ha sempre mostrato una certa avversione per gli elogi non diretti alla sua persona, si pensi alla sua disputa col defunto senatore repubblicano McCain, considerato eroe nazionale in maniera bipartisan tranne che da lui (essendo stato prigioniero di guerra non era un eroe, perchè gli eroi non si fanno catturare).

Nonostante molteplici conferme ovviamente Trump ha negato tutto derubricandolo come Fake News aggiungendo che nessuno come lui … Ancora il culto della personalità nel meccanismo della risposta ne ho scritto qui

L’altra scivolata recente è stata la rivelazione che già febbraio Trump sapesse della pericolosità del coronavirus ma tacque per “non creare panico” registrata durante la preparazione del libro di bob woodward..

https://www.huffpost.com/entry/trump-coronavirus-bob-woodward-book_n_5f592547c5b67602f5ffc8b9

Che Trump sia sopra le righe nella sua comunicazione è normale, siamo abituati alla cosa. Ma l’ennesima raffica dimostrata di bugie che ha proferito mi ha fatto pensare al rapporto con la verità.

Non credo che esista dubbio che in termini assoluti il numero di bugie proferite da Trump sia di gran lunga superiore a qualsiasi altro presidente americano, si legga

https://www.forbes.com/sites/davidmarkowitz/2020/05/05/trump-is-lying-more-than-ever-just-look-at-the-data/

nessuno è immune, sia chiaro, alla menzogna ma è interessante notare come queste non alterino la percezione delle sue affermazioni da parte dei suoi sostenitori.

Sulla questione ho trovato interessante un commento in un articolo che diceva che non era terrorizzante il fatto che Trump mentisse in maniera plateale ma che questo non scalfisse minimamente la sua base elettorale.

Ma perchè i sostenitori di Trump non credono, neanche di fronte ad evidenze e prove tangibili, come alcune registrazioni, che Trump abbia deliberatamente mentito?

Lo stesso Trump affermava nella precedente elezione che avrebbe potuto sparare a qualcuno a caso a NY e sarebbe stato eletto comunque.

E, per quanto terrificante sia, non ho dubbi al riguardo.

Il concetto di verità diventa, ed è interessante, completamente slegato dalla realtà e dalle evidenze, e diventa semplicemente un “atto di fede”.

Ribaltando la sequenza logica si assume come “vero” qualcosa, indipendentemente dalle evidenze e si ricerca a supporto della verità qualsiasi cosa con 2 meccanismi fondamentali:

  1. la demonizzazione delle evidenze contrarie alla propria verità
  2. la ricostruzione arbitraria ed autoreferenziale delle evidenze a supporto della verità.

Entrambi, per altro, sono gli strumenti tipici del complottismo e della cancel culture. Un meccanismo comune sia alla destra che alla sinistra che alimenta la polarizzazione che serve, ad entrambe le fazioni, a giustificarsi nella appartenenza la branco.

Pur essendo un fenomeno comune e noto, últimamente la sua estensione mi ha sorpreso, non in maniera positiva ovviamente.

Questo approccio lo ho ritrovato anche recentemente da in un servizio televisivo italiano dove un esperto di geopolitica ha fatto affermazioni quantomeno discutibili ad esempio sul fatto che fosse Obama a parlare male di Trump mentre questi lo avesse citato solo saltuariamente durante questi 4 anni.

Sempre in merito alla analisi della reatà citava la nomina di Trump per il premio nobel della pace come un segno di come diversa sia la realtà rispetto quello che si dice del presidente americano.

Ovvio sorvolando che a proporre Trump fosse un personaggio politicamente schierato all’estrema destra e che quindi tale nomina non era avulsa da considerazioni politiche.

https://www.cbsnews.com/news/trump-nominated-2021-nobel-peace-prize-norwegian-parlaiment-christian-tybring-gjedde/

Ora per fare una valenza alla verità occorrerebbe essere capaci di fare una analisi critica dei fatti, e questa dovrebbe, per quanto possibile, essere consapevole.

Ma consapevolezza richiede conoscenza e questo è uno dei problemi di base, anche della base Tumpiana.

Non pensiamo che il problema sia solo americano.

Dagli Stati Uniti di Trump all’europa i comportamenti alla fine si ripetono e se per fortuna le nostre forze dell’ordine sono completamente diverse in operatività, efficienza, rispetto della vita umana comparate alla controparte americana, in termini di falsità dette dalle forze politiche siamo estremamente allineati.

Le menzogne o le incoerenze dei politici non scalfiscono una base oramai polarizzata che si disinteressa del fatto e del suo contesto per difendere la propria verità. Si legga in merito:

https://www.theguardian.com/commentisfree/2019/sep/30/europe-populist-lie-shamelessly-salvini-johnson

Ora per indirizzare le menzogne occorre conoscenza e senso critico, oggi leggevo un post su linkedin in cui si affermava che l’Italia è il paese più ignorante d’europa.

Incuriosito sono andato a cercare un po di articoli di giornale a supporto:

Il rapporto istat citato nell’articolo è il seguente:

e, giusto per vedere la cosa sotto un’altro aspetto:

https://www.money.it/Classifica-popoli-ignoranti-mondo-Italia-prima-Europa-Istat

basato su questa statistica

Le due statistiche insieme ci dicono qualcosa di interessante, gli italiani hanno un tasso di scolarità molto basso ed una percezione della realtà molto lontana da quanto riportano i dati ufficiali.

Inoltre secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology, solo in Europa gli analfabeti funzionali ammonterebbero a circa 80 milioni di individui. Secondo lo Human Development Report 2009 la concentrazione più bassa si registra in Norvegia (7,9%), mentre quella più alta è in Italia (47%).

https://tg24.sky.it/mondo/2019/09/06/analfabetismo-funzionale-italia

Se aggiungiamo quindi i livelli di analfabetismo funzionale e di ritorno del nostro paese alle statistiche precedenti si evince una mancanza culturale di capacità di analisi critica portano ad una costruzione e lettura della realtà che non collima con i dati reali.

La verità percepita quindi diventa un affare arbitrario slegato dalla raccolta delle evidenze che comunque non si saprebbero interpretare per mancanza di pensiero critico.

Ma se la verità diventa una faccenda fideísta allora si carica di valori morali che rendono chi non si allinea “cattivo” anche di fronte a considerazioni altrimenti condivisibili.

Mi viene in mente il tragico caso di Willy Monteiro Duarte, ucciso per futili motivi.

Un atto vergognoso e disgustoso, figlio presumibilmente di una sottocultura che fa della violenza lo strumento di comunicazione primario.

Ma il ricordare, in questo caso, che coloro che sono stati arrestati sono innocenti fino a che il tribunale non li dichiarerà colpevoli e che in Italia tutti sono innocenti fino a che non sia provata la colpevolezza (la base della nostra civiltà giuridica tranne che verso l’amministrazione finanziaria dello stato) ha scatenato su twitter reazioni violente (non avendo Facebook non ho referenze specifiche).

Eppure è una banalità.

Ecco che una cosa “vera” come la presunzione di innocenza cardine del nostro sistema legale diventa di colpo negata nel caso specifico, senza che questo porti a percepire un conflitto intrinseco.

Vabbeh, anche io che parlo di civiltà giuridica, ho anche discusso in passato con persone che sostenevano che gli avvocati che difendono i “colpevoli” dovrebbero rinunciare al loro lavoro difensivo per una sorta di malintesa coscienza civica.

Dagli Stati Uniti, all’europa, su argomenti che dovrebbero basarsi su dati per quanto possibile oggettivi si preferisce limitarsi agli slogan e al sentito dire. Ecco che pandemia, immigrazione, economia diventano campo di valutazione dove il dato oggettivo diventa irrilevante se non conforme al desiderata.

E sotto elezioni la cosa assume valenza maggiore.

posso preoccuparmi?



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Il rapporto con la verità

Uno degli argomenti che seguo ultimamente è lo sviluppo della campagna elettorale statunitense. Un esercizio interessante perchè permette uno sguardo distaccato rispetto le nostrane vicende.

Ultimamente l’attuale presidente nonché candidato del GOP è incappato in alcuni incidenti di percorso in cui, tanto per cambiare, sono usciti audio o notizie che riportavano sue dichiarazioni che dimostravano, in maniera abbastanza inequivocabile,come il presidente incarica avesse espresso giudizi non rispettosi e avesse mentito..

Il primo è stato il commento poco lusinghiero riferito ai soldati americani morti durante la seconda guerra mondiale, definiti perdenti e sfigati.

https://eu.usatoday.com/story/news/2020/09/04/trump-calls-military-dead-losers-he-denies-claim-atlantic/5714254002/

Nella cultura americana il mito dell’eroe e del sacrificio sono fortissimi, ma Trump ha sempre mostrato una certa avversione per gli elogi non diretti alla sua persona, si pensi alla sua disputa col defunto senatore repubblicano McCain, considerato eroe nazionale in maniera bipartisan tranne che da lui (essendo stato prigioniero di guerra non era un eroe, perchè gli eroi non si fanno catturare).

Nonostante molteplici conferme ovviamente Trump ha negato tutto derubricandolo come Fake News aggiungendo che nessuno come lui … Ancora il culto della personalità nel meccanismo della risposta ne ho scritto qui

L’altra scivolata recente è stata la rivelazione che già febbraio Trump sapesse della pericolosità del coronavirus ma tacque per “non creare panico” registrata durante la preparazione del libro di bob woodward..

https://www.huffpost.com/entry/trump-coronavirus-bob-woodward-book_n_5f592547c5b67602f5ffc8b9

Che Trump sia sopra le righe nella sua comunicazione è normale, siamo abituati alla cosa. Ma l’ennesima raffica dimostrata di bugie che ha proferito mi ha fatto pensare al rapporto con la verità.

Non credo che esista dubbio che in termini assoluti il numero di bugie proferite da Trump sia di gran lunga superiore a qualsiasi altro presidente americano, si legga

https://www.forbes.com/sites/davidmarkowitz/2020/05/05/trump-is-lying-more-than-ever-just-look-at-the-data/

nessuno è immune, sia chiaro, alla menzogna ma è interessante notare come queste non alterino la percezione delle sue affermazioni da parte dei suoi sostenitori.

Sulla questione ho trovato interessante un commento in un articolo che diceva che non era terrorizzante il fatto che Trump mentisse in maniera plateale ma che questo non scalfisse minimamente la sua base elettorale.

Ma perchè i sostenitori di Trump non credono, neanche di fronte ad evidenze e prove tangibili, come alcune registrazioni, che Trump abbia deliberatamente mentito?

Lo stesso Trump affermava nella precedente elezione che avrebbe potuto sparare a qualcuno a caso a NY e sarebbe stato eletto comunque.

E, per quanto terrificante sia, non ho dubbi al riguardo.

Il concetto di verità diventa, ed è interessante, completamente slegato dalla realtà e dalle evidenze, e diventa semplicemente un “atto di fede”.

Ribaltando la sequenza logica si assume come “vero” qualcosa, indipendentemente dalle evidenze e si ricerca a supporto della verità qualsiasi cosa con 2 meccanismi fondamentali:

  1. la demonizzazione delle evidenze contrarie alla propria verità
  2. la ricostruzione arbitraria ed autoreferenziale delle evidenze a supporto della verità.

Entrambi, per altro, sono gli strumenti tipici del complottismo e della cancel culture. Un meccanismo comune sia alla destra che alla sinistra che alimenta la polarizzazione che serve, ad entrambe le fazioni, a giustificarsi nella appartenenza la branco.

Pur essendo un fenomeno comune e noto, últimamente la sua estensione mi ha sorpreso, non in maniera positiva ovviamente.

Questo approccio lo ho ritrovato anche recentemente da in un servizio televisivo italiano dove un esperto di geopolitica ha fatto affermazioni quantomeno discutibili ad esempio sul fatto che fosse Obama a parlare male di Trump mentre questi lo avesse citato solo saltuariamente durante questi 4 anni.

Sempre in merito alla analisi della reatà citava la nomina di Trump per il premio nobel della pace come un segno di come diversa sia la realtà rispetto quello che si dice del presidente americano.

Ovvio sorvolando che a proporre Trump fosse un personaggio politicamente schierato all’estrema destra e che quindi tale nomina non era avulsa da considerazioni politiche.

https://www.cbsnews.com/news/trump-nominated-2021-nobel-peace-prize-norwegian-parlaiment-christian-tybring-gjedde/

Ora per fare una valenza alla verità occorrerebbe essere capaci di fare una analisi critica dei fatti, e questa dovrebbe, per quanto possibile, essere consapevole.

Ma consapevolezza richiede conoscenza e questo è uno dei problemi di base, anche della base Tumpiana.

Non pensiamo che il problema sia solo americano.

Dagli Stati Uniti di Trump all’europa i comportamenti alla fine si ripetono e se per fortuna le nostre forze dell’ordine sono completamente diverse in operatività, efficienza, rispetto della vita umana comparate alla controparte americana, in termini di falsità dette dalle forze politiche siamo estremamente allineati.

Le menzogne o le incoerenze dei politici non scalfiscono una base oramai polarizzata che si disinteressa del fatto e del suo contesto per difendere la propria verità. Si legga in merito:

https://www.theguardian.com/commentisfree/2019/sep/30/europe-populist-lie-shamelessly-salvini-johnson

Ora per indirizzare le menzogne occorre conoscenza e senso critico, oggi leggevo un post su linkedin in cui si affermava che l’Italia è il paese più ignorante d’europa.

Incuriosito sono andato a cercare un po di articoli di giornale a supporto:

Il rapporto istat citato nell’articolo è il seguente:

e, giusto per vedere la cosa sotto un’altro aspetto:

https://www.money.it/Classifica-popoli-ignoranti-mondo-Italia-prima-Europa-Istat

basato su questa statistica

Le due statistiche insieme ci dicono qualcosa di interessante, gli italiani hanno un tasso di scolarità molto basso ed una percezione della realtà molto lontana da quanto riportano i dati ufficiali.

Inoltre secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology, solo in Europa gli analfabeti funzionali ammonterebbero a circa 80 milioni di individui. Secondo lo Human Development Report 2009 la concentrazione più bassa si registra in Norvegia (7,9%), mentre quella più alta è in Italia (47%).

https://tg24.sky.it/mondo/2019/09/06/analfabetismo-funzionale-italia

Se aggiungiamo quindi i livelli di analfabetismo funzionale e di ritorno del nostro paese alle statistiche precedenti si evince una mancanza culturale di capacità di analisi critica portano ad una costruzione e lettura della realtà che non collima con i dati reali.

La verità percepita quindi diventa un affare arbitrario slegato dalla raccolta delle evidenze che comunque non si saprebbero interpretare per mancanza di pensiero critico.

Ma se la verità diventa una faccenda fideísta allora si carica di valori morali che rendono chi non si allinea “cattivo” anche di fronte a considerazioni altrimenti condivisibili.

Mi viene in mente il tragico caso di Willy Monteiro Duarte, ucciso per futili motivi.

Un atto vergognoso e disgustoso, figlio presumibilmente di una sottocultura che fa della violenza lo strumento di comunicazione primario.

Ma il ricordare, in questo caso, che coloro che sono stati arrestati sono innocenti fino a che il tribunale non li dichiarerà colpevoli e che in Italia tutti sono innocenti fino a che non sia provata la colpevolezza (la base della nostra civiltà giuridica tranne che verso l’amministrazione finanziaria dello stato) ha scatenato su twitter reazioni violente (non avendo Facebook non ho referenze specifiche).

Eppure è una banalità.

Ecco che una cosa “vera” come la presunzione di innocenza cardine del nostro sistema legale diventa di colpo negata nel caso specifico, senza che questo porti a percepire un conflitto intrinseco.

Vabbeh, anche io che parlo di civiltà giuridica, ho anche discusso in passato con persone che sostenevano che gli avvocati che difendono i “colpevoli” dovrebbero rinunciare al loro lavoro difensivo per una sorta di malintesa coscienza civica.

Dagli Stati Uniti, all’europa, su argomenti che dovrebbero basarsi su dati per quanto possibile oggettivi si preferisce limitarsi agli slogan e al sentito dire. Ecco che pandemia, immigrazione, economia diventano campo di valutazione dove il dato oggettivo diventa irrilevante se non conforme al desiderata.

E sotto elezioni la cosa assume valenza maggiore.

posso preoccuparmi?

venerdì 11 settembre 2020

Oggi ho scoperto i Tag sulle immagini di LinkedIn nella maniera più curiosa

Non tutti i Post devono essere estremamente seri e profondi, ok ok i miei mai, ma stamattina ho avuto una nuova esperienza.

Nelle notifiche di linkedin mi trovo taggato su una foto in un post di un tizio che non conosco.

Ora voi mi direte e che cosa c’è di strano?

beh..ecco..

la foto è questa (ho decapitato il soggetto per non renderlo riconoscibile)

Non sono amante dei selfie, e non sapevo che si possa taggare una foto su LinkedIn (non rientra tra le mie necessità) e vi assicuro che non sono io quello rappresentato (se vedete la foto completa ne avete la conferma) 🤣.

Riporto qui il post per il vostro divertimento (ammesso che sia ancora visibile):

https://www.linkedin.com/posts/gianni-lionspqr-162ab1195_activity-6710113017482240000-16L1

Quello che mi lascia perplesso è lo scopo.

Al di la che ho 🤣 riportato e bloccato il soggetto… è la prima volta che mi capita 😂 una cosa del genere.

Ho diverse ipotesi per la cosa:

  1. un maldestro tentativo di seduzione? ma in questo caso il fotografato e quello che ha fatto il post dovrebbero coincidere
  2. Spam? forse ma a che prò quale è il guadagno intrinseco dietro?
  3. Danno reputazionale? ora con me vi erano altri 5 o 6 taggati, non ho visto chi. Dal momento che non so bene come funzionino i tag non so che visibilità abbiano. Certo magari qualcuno potrebbe pensare che sia interessato a uomini panciuti di mezza età (profilo in cui anche io rientro essendo sovrappeso ed avendo 55 anni). Ma non vedo comunque come tale cosa potrebbe arrecare danno.
  4. test per vedere la mia reazione? potrebbe essere, ma ci sono metodi un po più smart per fare una cosa del genere.
  5. trolling cosi per fare? ci sta, mi dissero che il soggetto che ha postato aveva solo 6 follower (avendolo bloccato non vedo ne lui ne il post), io ricordo vagamente qualcosa inerente le lingue ed il MIUR (non ci ho speso molto se no per la generata ilarità di coloro con cui ho condiviso la cosa)
  6. qualcuno a cui sto sulle scatole (ipotesi non da eliminare)?
  7. scherzo goliardico (altra ipotesi non inverosimile)?

insomma una volta tanto mi trovo immerso in un dubbio amletico … cui prodest tutto ciò?

All’inizio ho pensato di mettere un bel punto interrogativo cei commenti, poi mi sono ricordato che un’azione del genere esporrebbe il post al mio network. Non tanto grave per l’associazione tra me ed il corpulento signore che si fa il selfie, ma per il mettere comunque il soggetto che ha postato in qualche modo in contatto con i miei contatti che avrebbero commentato.

Buona norma è stroncare sul nascere possibili catene sospette, catene di sant’antonio (sempre io in mezzo), spam e trolling associato ed associabile.

Sono curioso di vedere se LinkedIn mi comunicherà qualche cosa.

Ed a voi è mai successo qualcosa del genere?

ciao e buon fine settimana



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Oggi ho scoperto i Tag sulle immagini di LinkedIn nella maniera più curiosa

Non tutti i Post devono essere estremamente seri e profondi, ok ok i miei mai, ma stamattina ho avuto una nuova esperienza.

Nelle notifiche di linkedin mi trovo taggato su una foto in un post di un tizio che non conosco.

Ora voi mi direte e che cosa c’è di strano?

beh..ecco..

la foto è questa (ho decapitato il soggetto per non renderlo riconoscibile)

Non sono amante dei selfie, e non sapevo che si possa taggare una foto su LinkedIn (non rientra tra le mie necessità) e vi assicuro che non sono io quello rappresentato (se vedete la foto completa ne avete la conferma) 🤣.

Riporto qui il post per il vostro divertimento (ammesso che sia ancora visibile):

https://www.linkedin.com/posts/gianni-lionspqr-162ab1195_activity-6710113017482240000-16L1

Quello che mi lascia perplesso è lo scopo.

Al di la che ho 🤣 riportato e bloccato il soggetto… è la prima volta che mi capita 😂 una cosa del genere.

Ho diverse ipotesi per la cosa:

  1. un maldestro tentativo di seduzione? ma in questo caso il fotografato e quello che ha fatto il post dovrebbero coincidere
  2. Spam? forse ma a che prò quale è il guadagno intrinseco dietro?
  3. Danno reputazionale? ora con me vi erano altri 5 o 6 taggati, non ho visto chi. Dal momento che non so bene come funzionino i tag non so che visibilità abbiano. Certo magari qualcuno potrebbe pensare che sia interessato a uomini panciuti di mezza età (profilo in cui anche io rientro essendo sovrappeso ed avendo 55 anni). Ma non vedo comunque come tale cosa potrebbe arrecare danno.
  4. test per vedere la mia reazione? potrebbe essere, ma ci sono metodi un po più smart per fare una cosa del genere.
  5. trolling cosi per fare? ci sta, mi dissero che il soggetto che ha postato aveva solo 6 follower (avendolo bloccato non vedo ne lui ne il post), io ricordo vagamente qualcosa inerente le lingue ed il MIUR (non ci ho speso molto se no per la generata ilarità di coloro con cui ho condiviso la cosa)
  6. qualcuno a cui sto sulle scatole (ipotesi non da eliminare)?
  7. scherzo goliardico (altra ipotesi non inverosimile)?

insomma una volta tanto mi trovo immerso in un dubbio amletico … cui prodest tutto ciò?

All’inizio ho pensato di mettere un bel punto interrogativo cei commenti, poi mi sono ricordato che un’azione del genere esporrebbe il post al mio network. Non tanto grave per l’associazione tra me ed il corpulento signore che si fa il selfie, ma per il mettere comunque il soggetto che ha postato in qualche modo in contatto con i miei contatti che avrebbero commentato.

Buona norma è stroncare sul nascere possibili catene sospette, catene di sant’antonio (sempre io in mezzo), spam e trolling associato ed associabile.

Sono curioso di vedere se LinkedIn mi comunicherà qualche cosa.

Ed a voi è mai successo qualcosa del genere?

ciao e buon fine settimana

lunedì 7 settembre 2020

Vatti a fidare di quello che leggi.

Ennesima inesattezza della stampa sul covid? …

Inciampo in un tweet:

“All media in #Italy are reporting that the Oxford COVID19 vaccine trial will end in one month and that the vaccine will be distributed from November. Interesting as I’m working for this trial and this is complete news to me… “

estratto dal tweet di Andrea Mazzella

Opperbacco, vuoi dire che la notizia riportata qui potrebbe essere non esattissima?

Come dire che, ancora una volta, sembrerebbe esistere, ma è una ipotesi che non condivido, una certa distanza tra quello che si scrive ed i feedback relativi della realtà oggettiva.

Insomma non è che ultimamente i media nazionali diano luminosi esempi di precisione, per carità gli errori ci stanno tutti, ma su alcuni argomenti un poco più di attenzione non guasterebbe.

Ora capisco che se vi sono esigenze che chiedono voler girare la realtà percepita verso una sponda o l’altra dell’arco partitico ( – la politica è un’altra cosa -) ci può stare che una notizia non sia completamente vera, ma in linea di massima mi aspetterei che se c’è pioggia si riporti pioggia, a meno che non sia Trump a parlarne.

(se vedete nella affermazione una sottile vena di sarcasmo, non sbagliate, :-))

Ne abbiamo visto in questi ultimi tempi di tutte le fogge ed i colori: dai cani mangiati dai migranti musulmani scappati da un centro di accoglienza, alle malefatte del sindaco renzista di Bugliano le stupidate si moltiplicano.

E poco vale far notare che forse se uno sapesse quello che scrive saprebbe che la carne di cane è impura tanto quanto quella di maiale per i musulmani, e quindi la cosa è inverosimile, o che bugliano non esiste e quindi le azioni del fantomatico sindaco forse sono non veritiere.

Poi sia chiaro tutti sanno che i comunisti mangiano i bambini, e quindi sono ontologicamente colpevoli, Bibbiano ne è la dimostrazione, indipendentemente dalla realtà di come si sono svolte le cose.

L’uso delle notizie non è nuovo a manipolazioni o semplici calcoli di vendita, ma un minimo di attinenza alla realtà non sarebbe poi da buttare via, o chiedo troppo?

Capisco che il mestiere del giornalista sia difficile, ma fare un controllo delle fonti sembra brutto? Voglio dire ci provo io nel mio blog o nei miei post su linkedin, tutto sommato è fattibile anche per un professionista della comunicazione.

A meno che il professionismo in termini giornalistici si estrinseca nello scrivere su argomenti di cui si sa poco o nulla e per i quali non occorre nessuna verifica, un minimo di presa di responsabilità dalla corporazione non guasterebbe (e magari qualche “mea culpa”)

Il sensazionalismo per vendere non è una novità, è sempre esistito, ma tra clandestini che mangiano i cani

prostatiti polmonari di noti imprenditori,

https://www.fanpage.it/attualita/briatore-santanche-fa-chiarezza-coronavirus-no-e-stato-ricoverato-per-prostatite/

scoop sul renzista sindaco di bugliano che ritira la chiave della città a Bocelli,

candeggine curative, e vaccini che escono a loro insaputa forse si crea più confusione che altro.

Di ‘sto passo mi sdoganano negazionisti, terrapiattisti, novax e QAnon

Se serve a vendere buon per loro, ma il giornalismo è cambiato?

Sui vaccini invece forse avrebbe più senso leggere, ma lo so non è un giornale, è una università, robe tipo questa:

https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/pericolosa-corsa-verso-vaccino

So che non fa bello sentirsi dire che la corsa al vaccino sta presentando dei rischi e che la fretta non è figlia della precisione. Ma, salvo voler essere contemporaneamente novax, antiscienza e sostenitori del vaccino anti-covid, forse in questo ambito un minimo di coerenza sarebbe salutare.

Ora chi si occupa della cosa tecnicamente, i professoroni, gli scienziatoni, gli intellettualoni direbbe qualcuno, sostiene che i trial di fase 3 siano fondamentali al bilancio rischi benefici del vaccino e che quindi occorre aspettare nonostante sparate politiche e giornalistiche che dicano che il miracolo è dietro l’angolo.

Per altro continuano ad uscire notizie sul fatto che i paesi si spiano mutuamente per il vaccino, indice chiaro di dubbi su una risoluzione rapida. Se il vaccino fosse pronto lo spionaggio non avrebbe senso, a meno che la fretta sia foriera di vaccini non sicuri…

A già sto facendo un legame tra eventi, non si fa, non è educato, poi sembra che la realtà debba essere analizzata nella sua complessità.

Chiedo scusa.

Insomma se il mondo dei media facesse del fact check e del controllo delle fonti un esercizio standard forse vedremmo meno minkiate scritte, ma fino a che l’uso strumentale della notizia serve a contentare la platea o sostenere le vendite può essere che la cosa continui.

E gli esempi potrebbero continuare, dalle assurdità pro “immuni” la app che miracolosamente con la sola imposizione delle mani sa chi è infetto e chi no anche senza test medici, a distanze di sicurezza variabili in funzione delle esigenze di logistica il bestiario è lunghissimo. E i media rilanciano spesso acriticamente.

Certo che se ci può consolare non è che altrove le cose siano messe meglio, Da politica di destra e sinistra, a media piu o meno schierati l’outlook non è proprio dei migliori.

Nel frattempo Erdogan affossa la sua economia ma mette i carrarmati al confine con la Grecia (per gli amanti dell’uomo forte al podere, giusto per vedere i risultati dell’approccio)

Mal comune…

yahoheho



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Vatti a fidare di quello che leggi.

Ennesima inesattezza della stampa sul covid? …

Inciampo in un tweet:

“All media in #Italy are reporting that the Oxford COVID19 vaccine trial will end in one month and that the vaccine will be distributed from November. Interesting as I’m working for this trial and this is complete news to me… “

estratto dal tweet di Andrea Mazzella

Opperbacco, vuoi dire che la notizia riportata qui potrebbe essere non esattissima?

Come dire che, ancora una volta, sembrerebbe esistere, ma è una ipotesi che non condivido, una certa distanza tra quello che si scrive ed i feedback relativi della realtà oggettiva.

Insomma non è che ultimamente i media nazionali diano luminosi esempi di precisione, per carità gli errori ci stanno tutti, ma su alcuni argomenti un poco più di attenzione non guasterebbe.

Ora capisco che se vi sono esigenze che chiedono voler girare la realtà percepita verso una sponda o l’altra dell’arco partitico ( – la politica è un’altra cosa -) ci può stare che una notizia non sia completamente vera, ma in linea di massima mi aspetterei che se c’è pioggia si riporti pioggia, a meno che non sia Trump a parlarne.

(se vedete nella affermazione una sottile vena di sarcasmo, non sbagliate, :-))

Ne abbiamo visto in questi ultimi tempi di tutte le fogge ed i colori: dai cani mangiati dai migranti musulmani scappati da un centro di accoglienza, alle malefatte del sindaco renzista di Bugliano le stupidate si moltiplicano.

E poco vale far notare che forse se uno sapesse quello che scrive saprebbe che la carne di cane è impura tanto quanto quella di maiale per i musulmani, e quindi la cosa è inverosimile, o che bugliano non esiste e quindi le azioni del fantomatico sindaco forse sono non veritiere.

Poi sia chiaro tutti sanno che i comunisti mangiano i bambini, e quindi sono ontologicamente colpevoli, Bibbiano ne è la dimostrazione, indipendentemente dalla realtà di come si sono svolte le cose.

https://www.wired.it/attualita/politica/2019/07/22/bibbiano-propaganda-destra-ossessione-pizzagate/

L’uso delle notizie non è nuovo a manipolazioni o semplici calcoli di vendita, ma un minimo di attinenza alla realtà non sarebbe poi da buttare via, o chiedo troppo?

Capisco che il mestiere del giornalista sia difficile, ma fare un controllo delle fonti sembra brutto? Voglio dire ci provo io nel mio blog o nei miei post su linkedin, tutto sommato è fattibile anche per un professionista della comunicazione.

A meno che il professionismo in termini giornalistici si estrinseca nello scrivere su argomenti di cui si sa poco o nulla e per i quali non occorre nessuna verifica, un minimo di presa di responsabilità dalla corporazione non guasterebbe (e magari qualche “mea culpa”)

Il sensazionalismo per vendere non è una novità, è sempre esistito, ma tra clandestini che mangiano i cani

prostatiti polmonari di noti imprenditori,

https://www.fanpage.it/attualita/briatore-santanche-fa-chiarezza-coronavirus-no-e-stato-ricoverato-per-prostatite/

scoop sul renzista sindaco di bugliano che ritira la chiave della città a Bocelli,

candeggine curative, e vaccini che escono a loro insaputa forse si crea più confusione che altro.

Di ‘sto passo mi sdoganano negazionisti, terrapiattisti, novax e QAnon

Se serve a vendere buon per loro, ma il giornalismo è cambiato?

Creative concept of manipulation with coronavirus. Hand holds strings for manipulation. The hand controls the Covid19 miniature with strings on a dark foggy background. Selective focus

Sui vaccini invece forse avrebbe più senso leggere, ma lo so non è un giornale, è una università, robe tipo questa:

https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/pericolosa-corsa-verso-vaccino

So che non fa bello sentirsi dire che la corsa al vaccino sta presentando dei rischi e che la fretta non è figlia della precisione. Ma, salvo voler essere contemporaneamente novax, antiscienza e sostenitori del vaccino anti-covid, forse in questo ambito un minimo di coerenza sarebbe salutare.

Ora chi si occupa della cosa tecnicamente, i professoroni, gli scienziatoni, gli intellettualoni direbbe qualcuno, sostiene che i trial di fase 3 siano fondamentali al bilancio rischi benefici del vaccino e che quindi occorre aspettare nonostante sparate politiche e giornalistiche che dicano che il miracolo è dietro l’angolo.

Per altro continuano ad uscire notizie sul fatto che i paesi si spiano mutuamente per il vaccino, indice chiaro di dubbi su una risoluzione rapida. Se il vaccino fosse pronto lo spionaggio non avrebbe senso, a meno che la fretta sia foriera di vaccini non sicuri…

A già sto facendo un legame tra eventi, non si fa, non è educato, poi sembra che la realtà debba essere analizzata nella sua complessità.

Chiedo scusa.

Insomma se il mondo dei media facesse del fact check e del controllo delle fonti un esercizio standard forse vedremmo meno minkiate scritte, ma fino a che l’uso strumentale della notizia serve a contentare la platea o sostenere le vendite può essere che la cosa continui.

E gli esempi potrebbero continuare, dalle assurdità pro “immuni” la app che miracolosamente con la sola imposizione delle mani sa chi è infetto e chi no anche senza test medici, a distanze di sicurezza variabili in funzione delle esigenze di logistica il bestiario è lunghissimo. E i media rilanciano spesso acriticamente.

Certo che se ci può consolare non è che altrove le cose siano messe meglio, Da politica di destra e sinistra, a media piu o meno schierati l’outlook non è proprio dei migliori.

Nel frattempo Erdogan affossa la sua economia ma mette i carrarmati al confine con la Grecia (per gli amanti dell’uomo forte al podere, giusto per vedere i risultati dell’approccio)

Mal comune…

yahoheho

sabato 5 settembre 2020

Smartworking, parliamone in maniera sensata II: la vendetta.

Stimolato da un ottimo post su linkedin della sempre sagace Milena Martinato il cui link riporto sotto:

https://www.linkedin.com/posts/consulente-aziendale-padova-treviso-venezia-vicenza-milena-martinato_smart-working-s%C3%AD-no-non-ho-mai-scritto-activity-6708033204642729984-TD5x

Riprendo il discorso oramai sempre più dettagliato sul famigerato “smartworking”

Inizio ricordando, per l’ennesima volta che il termine “smart working” , almeno nei termini in cui lo intendiamo noi non significa nulla 😂 ed è un neologismo italiano anglofono (o anglofilo?).

Credo che le uniche referenze in letteratura inglese sul termine facciano riferimento ai knowledge worker, categoria con caratteristiche specifiche e non riconosciuta da noi per la solita insipienza manageriale che ci contraddistingue ma su cui ho scritto in precedenza:

Le discussioni su sta roba non meglio identificata che si chiama SOLO in italia smartworking 🤣 riempiono pagine di giornali anche per gli effetti collaterali ad esso associati, ma spesso glissano su alcuni punti non proprio secondari.

Eccone alcuni (decalogo non esaustivo) che spero possano stimolare una discussione costruttiva.

1. La sicurezza

Si parla spesso delle esigenze di sicurezza da implementare per i lavoratori remoti, l’ottica però e quasi sempre rivolta verso la sicurezza aziendale, esigenza assolutamente centrale.

La sicurezza va contemplata però non solo nel rischio di danni verso l’azienda ma anche verso il dipendente ed i sui conviventi e le sue pertinenze. L’idea che il malware sia monodirezionale

casa –> dipendente –> azienda

è insensata e non ha nessun appoggio analitico. Anzi il rischio che ci sia il percorso inverso

azienda –> dipendente –> casa

è estremamente probabile.

Se l’azienda viene infettata è molto probabile che l’infezione si estenda alla casa del lavoratore remoto se non sono in piedi i corretti meccanismi di separazione delle risorse.

In questo caso, per responsabilità oggettiva, i danni subiti dal lavoratore li dovrebbe pagare l’azienda, e se vengono coinvolti dati personali o sensibili il GDPR è sempre valido.

Il dipendente ha diritto, assieme alla sua famiglia, di avere dati personali, foto, documenti e qualsiasi cosa di sua proprietà ritenga abbia senso tenere digitalizzata. Un attacco ransomware che dalla azienda si estenda ai device domestici del dipendente è plausibile e provoca danni oggettivi che vanno, anche eticamente, affrontati.

E chiariamoci nella maggior parte dei casi la direzionalità dell’attacco è facilmente ricostruibile, nonostante si pensi spesso il contrario, metadati e log ci sono anche in casa, anche se molti non lo sanno.

Consideriamo anche che in caso di violazione del GDPR l’onere della prova è nei confronti non della vittima.

Ma vista la disparità di potere rappresentativo in termini legali e le leve ricattatorie della azienda….

2. La propietà

La proprietà dei device e la loro configurazione è notoriamente punto dolente.

Soprattutto se si chiede di utilizzare device che hanno storage (dischi, memorie…) e sono usati in maniera promiscua (uso lavorativo e uso personale)

L’ovvio riferimento è legato alla demente idea di chiedere al lavoratore di usare il proprio PC.

Ancora una volta i rischi vanno valutati sui danni non solo per l’azienda ma anche per il dipendente.

Tali rischi devono essere computati e trovare una loro valutazione economica e contrattuale. Privacy e GDPR vanno rispettati, promemoria obbligatorio, vieppiù se il device è del dipendente e l’uso è promiscuo. Se poi il dipendente processa dati in ambito GDPR (non occorre andare lontani, si pensi ad HR e Marketing) una DPIA è un attimo consigliabile. Si consideri anche le tempistiche di risoluzione di eventuali problemi HW\SW. Chiedere all’utente di usare il proprio PC implicitamente comporta anche che questi si faccia carico di un eventuale backup o sostituzione.

Tra le questioni da considerare vi è anche la questione degli spazi. NOn è detto che il lavoratore remoto sia in grado di fornire spazi dedicati al lavoro, che siano quindi isolati e protetti.

Al di là dell’ambito emergenziale corrente non è detto che il remote working sia fattibile da parte sia del lavoratore che dell’azienda e gli spazi sono uno dei punti da prendere in considerazione. Vi possono essere diversi approcci per indirizzare il problema, esistono, ad esempio, possibilità con servizi di shared office, o contributi per permettere al dipendente di trovare spazi adatti.

Negli Stati Uniti a seguito del lock down, ad esempio, c’è stato un aumento delle richieste di case più grandi in modo da dedicare una stanza ad ufficio. In questo caso possono esservi varie forme di contribuzione e\o compensazione (magari accesso facilitato a mutui aggevolati).

Se questo è infattibile si deve prendere atto che lo spazio non sarà dedicato e quindi interferenze sono da considerarsi parte integrante del deal così come eventuali costrizioni temporali.

3. La gestione della continuità operativa

La gestione della continuità operativa è un altro punto interessante. Con i lavoratori remoti non ci si può aspettare di poter intervenire e risolvere problematiche HW, SW o di connettività con le stesse tempistiche interne aziendali. Questo significa, ad esempio, prevedere un certo numero di macchine di backup e la loro pre assegnazione in caso di personale con esigenze particolari che si trovi in area di difficile raggiungimento.

L’idea di forzare il dipendente a dotarsi, in caso di richiesta di uso di PC personale, di un backup HW per sopperire SLA di funzionalità è, quantomento, discutibile.

Ne si può far ricadere sull’utente remoto i costi di riparazione e di inattività legati all’eventuale guasto.

4. Il tempo al lavoro

La gestione del tempo è importantenin quanto il tempo ha un valore economico tanto per l’azienda quanto per il lavoratore remoto. Non si può considerare la flessibilità di orario come l’annullamento delle 8 ore lavorative. Per fare un esempio esempio call di allineamento non computate nell’orario di lavoro sono eticamente e moralmente sbagliate. Se sei pagato per 8 ore la call deve rientrare in quel computo. Se si obbliga il dipendente a fare 2 ore di allineamento la mattina e 2 a fine giornata, significa che rimangono 4 ore operative. Questo deve essere ben chiaro a tutti.

Il lavoro remoto richiede sicuramente maggiori sforzi di sincronizzazione, ma questi sono componenti del lavoro e non gratuità che il lavoratore concede all’azienda.

Ovvio l’eccezione può esserci (occhio, per quadri e dirigenti, per gli altri c’è lo straordinario), ma di eccezione deve trattarsi e non consuetudine.

5. La comunicazione interna

La gestione della comunicazione è importante… il lavoro remoto richiede meccanismi di comunicazione specifica sia in termini linguistici che strumentali. Email, chat e videoconferenze devono essere usati e pensati per una specificità che è diversa dall’essere in ufficio.

Si pensi ad esempio al ridotto impatto del linguaggio non verbale.

Non è un caso se attacchi di phishing sui vari canali (posta, chat, social) sono cresciuti durante il lockdown. NOn considerare gli effetti ella comunicazione sulla produttività e sulla sicurezza è un chiaro sintomo di cecità manageriale.

6. Privacy

La privacy del dipendente deve essere protetta, il che richiede, ad esempio, di cambiare l’approccio alle videoconferenze.

Non farsi vedere diventa una esigenza di privacy, a meno che il dipendente non abbia a disposizione un ambiente isolato e dedicato al telelavoro. Funzioni che rendano lo sfondo sfocato, o sfondi virtuali quindi assumono una valenza estremamente diversa.

Tale sensibilità deve essere, ovviamente, bidirezionale come molti dei punti sopra esposti il dipendente che accetta di lavorare da remoto deve essere cosciente di queste problematiche ed essere e parte attiva nella risoluzione e gestione.

7. Il monitoraggio

Gli strumenti eventuali di monitoraggio devono essere confacenti e compatibili allo statuto dei lavoratori, e al GDPR, non è che il lavoro remoto significa tana liberatutti

8. La smaterializzazione documentale

La smaterializzazione documentale (parte integrante dei processi di digitalizzazione) deve essere progettata in maniera efficiente ed efficace, replicare digitalmente processi che non nascono per il digitale porta a complessità ridicole (tipo ricevi il documento, lo processi, lo stampi a casa, lo firmi o timbri, lo scansioni, e lo restituisci a sistema) porta ad inefficienze deleterie

Il lavoro remoto richiede il ridisegno dei processi che coinvolgono il lavoratore remoto. E tra questi, di sicuro, il fatto che la movimentazione cartacea è un vincolo non accettabile.

9. Il management

Il management deve essere preparato a gestire la situazione evitando il micromanagement. Il micromanagement, intendiamoci, è sempre indice di pessimo management, ma in questi casi diventa un ostacolo alla produttività.

La definizione degli obiettivi, di cui si parla tanto, deve essere peata temporalmente. Non è che con la dicitura smartworking si può chiedere alle persone di lavorare 16 ore al giorno semplicemente mettendo obiettivi avulsi dal consumo temporale. sulla questione si faccia riferimento al mio articolo citato all’inizio ed il punto “4”.

10. Being Smart: fine decalogo

Siamo arrivati alla fine con un pensiero: “Smart” possono essere solo le persone, non sono neanche sicuro che le organizzazioni possano esserlo. Mai vista una organizzazione smart composta da persone dumb… 🤣

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