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giovedì 25 giugno 2009

Rischio, crisi, formule e correlazioni

Ti odio Marco… 🙂

mandarmi il link all’articolo di Wired mi rende impossibile non ritornare al discorso del rischio e della crisi attuale.

 

Se qualcuno, a tempo perso, si è messo a leggere i vari articoli presenti nel blog avrà notato che ho incautamente affermato che la propensione al rischio i è una funzione di due oggetti : il rischioi e il costo di protezione relativoi

Il costo di protezione è, ho affermato stolidamente, a sua volta in realtà una funzione del rischio. Diverse tipologie di rischio sono legate a diversi meccanismi di protezione e alla relativa spesa di implementazione (mitigazione o trasferimento che sia).

Ora dal punto di vista della matematica la difficoltà sta tutta nell’esprimere questo legame.

Il problema, in altri termini, è come descrivere un comportamento di qualcosa di cui non abbiamo controllo.

Il rischio, per sua definizione, rappresenta una entità di qualcosa di cui abbiamo solo una probabilità che accada. E le probabilità non sono certezze.

I meccanismi più comuni per descrivere funzioni probabilistiche fanno riferimento a 2 grandi pilastri della matematica: le gaussiane che esprimono distribuzioni di probabilità, e la correlazione che esprime la possibilità di interpretare il comportamento di una cosa basandosi sul comportamento di una cosa diversa ma alla prima in qualche modo connessa.

Prima di iniziare a darmi del mentecatto che parla di cose astratte (Marco, che è ingegnere, non è abituato a pensare per astrazione…he he he), facciamo esempi concreti? tipo: mai sentito parlare di fuzzy logic? no? come pensate che funzionino gli esposimetri? E le matrici dei ccd delle macchine fotografiche digitali? ed i sistemi di correzione del colore?

ok ok prima o poi ve li spiego (il tempo di capire come funziona).

l’idea di base della correlazione è invece cercare di esprimere il comportamento di una funzione in base al comportamento di un’altra.

Facciamo un esempio che ci aiuti a capire questo arduo concetto:

Supponiamo di dover esprimere una funzione di andamento della temperatura, ma non abbiamo un termometro nelle vicinanze.

Un osservatore attento potrebbe notare che con l’innalzarsi della temperatura i vestiti tendono a diventare più leggeri.

Ora supponiamo di poter fare una misurazione della lunghezza delle gonne delle donne, per darci un parametro oggettivo e misurabile.

Innanzi tutto fissiamo un campione statisticamente significativo definendone le caratteristiche (ad esempio:quantità  età, censo …). Vi ricordo che un campione è statisticamente significativo quando una variazione della sua composizione marginale non sposta in maniera significativa il risultato.

Dopo aver fissato il campione iniziamo a misurarne i comportamenti (la lunghezza delle gonne). Dal momento che non possiamo assumere che la sensibilità alla temperatura sia uguale per tutte le donne la descrizione del modello probabilmente verrà meglio raccontata da una gaussiana che dà una distribuzione probabilistica di tali comportamenti.

Ora supponiamo di riuscire a descrivere con una funzione la lunghezza delle gonne delle donne in relazione al tempo.

Il nostro acuto osservatore potrebbe, a questo punto, definire una funzione di comportamento della temperatura basato sulla funzione di lunghezza delle gonne.

Ammettendo di avere gli strumenti matematici adatti è quindi possibile cercare di definire la affinità di un modello comportamentale ad un altro, ed estrapolare dal primo valori per il secondo.

Il problema della correlazione è però che parte da assunzioni esperienziali parziali.

Torniamo all’esempio precedente delle gonne. Avendo in mano una funzione di definizione della lunghezza delle gonne ed una della temperatura, gli strumenti matematici ci possono aiutare a capire se esiste una correlazione tra le due funzioni, tradotto se esiste un legame tra una curva e l’altra.

Questo legame matematico non è detto però che sia un legame reale, in effetti anche se apparentemente il discorso potrebbe sembrare esatto esistono due punti di rischio piuttosto importanti:

1) il modello deve essere costruito su di un numero di campioni sufficiente a definirne i comportamenti futuri e passati

2) la correlazione matematica deve essere accompagnata da una correlazione di tipo “forte” che esprima un legame tra le grandezze che non sia solo matematico. Deve, in altre parole, esistere una teoria che venga giustificata dal modello matematico.

La limitazione del modello matematico, in questo caso, è legata al fatto che non siamo sicuri di considerare tutte le variabili in gioco.

in effetti il ragionamento lunghezza gonne –> temperatura sembrerebbe filare ma non tiene conto…della moda.

Quello che, in questa correlazione, il nostro osservatore non ha considerato è il fatto che può venire di moda mettersi la microgonna anche di inverno, alla faccia della temperatura.

Ecco allora che le correlazioni possono portare in errore.

Torniamo a noi ed alla crisi.

Per “giocare” in borsa è importante poter definire il rischio associato ad un certo investimento. Il calcolo di questo rischio è, di per se, un esercizio difficile.

l’articolo di Wired mette in luce come David X. Li abbia creato una funzione a supporto di questo calcolo.

Come afferma lo stesso Li però il problema era il seguente: «La cosa più pericolosa è quando la gente crede a tutto ciò che ne esce».

Il problema del modello di Li, come altri modelli del genere, non è che siano intrinsecamente errati ma è che correlare delle entità estremamente instabili (come temperatura e lunghezza gonna) presenta una difficoltà legata al determinare il numero e il tipo esatto di variabili in gioco.

Questi modelli sono, però, estremamente utili come supporto decisionale e potendo definire opportunamente le condizioni al contorno, possono essere estremamente efficaci.

Il modello di Li era ed è funzionale in un momento espansivo, ma non teneva conto della volatilità dell’animo umano (e del legame tra propensione al rischio e costi di protezione).

La vera gravità però è che come supporto decisionale il modello è stato utilizzato da persone che, nei fatti, avevano, in buona o cattiva fede, eliminato dai loro comportamenti la parte di critica sui risultati.

Tradotto uno strumento di supporto decisionale non deve prendere le decisioni, ma deve dare, appunto, un supporto.

«Non si può biasimare Li», dice Gilkes di Credit-Sights. «Dopotutto, ha solo inventato il modello. Invece, dovremmo incolpare i banchieri che lo hanno male interpretato. E persino allora, il vero pericolo non è nato perché un certo trader lo ha adottato, ma perché la totalità dei trader lo ha fatto. Nei mercati finanziari, quando tutti fanno la stessa cosa, è inevitabile che si arrivi a una bolla e alla sua esplosione».

Sono un po’ più cattivo di Gilkes e aggiungo che il rischio di cattiva interpretazione del modello non esisteva, il modello per se è una rappresentazione non esatta ma approssimativa.

I casi sono due

o i banchieri non capivano con cosa stavano operando, il che li classifica come cialtroni incompetenti che si sono arricchiti.

o lo capivano ma hanno lasciato correre in quanto l’uso del modello permetteva loro di alzare fittiziamente la funzione di costo di protezione del rischio e quindi di mantenere la propensione al rischio bassa consentendo la mercato di espandersi, il che per definizione è un Ponzi scam.

Chi ha orecchie per intendere….

ciaps

AI

 

 

 

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