Alle 08:14 e 45 secondi del 6 agosto del 1945, il bombardiere statunitense Enola Gay sganciava “Little Boy”, la bomba che distrusse circa il 90% degli edifici della città giapponese di Hiroshima.
Un lampo devastante, l’onda d’urto, vite spezzate.
La devastazione e le macerie sono lì, ma poi.. Poi la pioggia e la polvere, il vero inizio dell’orrore.
Vite spezzate dal fall-out radioattivo che segue, che condanna a morte o a indicibili sofferenze migliaia di persone, donne, uomini, bambini, giovani, anziani che soffriranno per anni le conseguenze dell’inferno portato sulla terra in nome della pace.
3 giorni dopo l’orrore si ripete a Nagasaki, una bomba sganciata più per bisogno di testarla che per reali motivi militari. Ed il bersaglio è legato al maledetto caso, il brutto tempo impediva il raggiungimento del target reale, Kokura, ma Nagasaki è li sotto. Poco importa se delle città del giappone è quella meno allineata, la più aperta, e con una forte comunità cristiana. Una amara ironia.
Un dolore ed una ferita che continuerà per anni. Un dolore che non ha mai avuto un messaggio di scuse.
Nell’etica americana c’è profondo il senso della loro assoluta impunità legata al loro senso di superiorità morale sul mondo. La colpa è dei giapponesi, lo hanno ripetuto sempre, e visto che la storia la fanno i vincitori tutta la narrazione porta li.
Certo se parli con i giapponesi la storia suona diversa, ma loro hanno perso non contano.
Chiariamoci una mostruosità come lo sgancio della atomica sulla popolazione civile non cancella le colpe e l’orrore che il Giappone imperiale causò durante la guerra.
Quello che i giapponesi fecero in cina, il Manshūkoku o come dicono i cinesi Mǎnzhōuguó (la manciuria per noi italiani) è stato teatro di orrori oltre ogni immaginazione, una ferita che grida orrore dal profondo dell’anima.
Ma due orrori non si annullano uno contro l’altro, si sommano nel fragore assordante di un annullamento dell’umanità.
Oggi rimane un ricordo che molti non comprendono o non vogliono capire, non solo ad occidente, persino nello stesso Giappone.
Ma per un minuto chiudiamo gli occhi, riviviamo quel lampo che ferì l’umanità e lasciò la ferita aperta, una ferita che non si chiuderà sino a che non si farà ammenda delle proprie responsabilità.
Oggi si piangono civili che sono morti, immolati all’idea che esiste un valore più alto di loro.
Ci diciamo che non succederà mai più, ma non ci credo molto.