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venerdì 26 maggio 2017

Guida al GDPR per chi non ne vuol sapere: dice il controller "lei non sa chi sono io"

Manca un anno al GDPR Doom’s Day e ovviamente siamo ancora impreparati ad affrontare la cosa.

Non lo dico io, ovvio, ma lo dicono le statistiche. E se i nostri amici al di la delle alpi sono messi non benissimo leggendo queste statistiche, vi lascio immaginare come siamo messi noi.

Siccome è un po che mi occupo della faccenda devo dire che mi sembra evidente che la comprensione di cosa sia il GDPR latita tra i responsabili aziendali, e le idee su come implementarlo sono spesso poche ma ben confuse.

Ho parlato in articoli precedenti diffusamente sul GDPR in tono lieve e talvolta ironico, ci provo ancora, anche se confesso che incomincio a provare un vago senso di inquietudine quando parlo di questi argomenti.

iniziamo dai alcuni errori di comprensione comuni

Il Bestiario GDPR

  • Il GDPR mi impedisce di collezionare i dati personali

lo ho sentito dire parecchie volte, ed ovviamente la risposta più corretta a questa osservazione è:

…ma la finiamo di dire pirlate?

Il GDPR è un regolamento che impone regole stringenti di gestione e processo dei dati personali, ma non ne impedisce ne la raccolta ne l’utilizzo. il punto è: sappiamo che ti servono, ma devi proteggere l’identità delle persone legate ai dati che hai raccolto.

  • Il GDPR è una roba IT, non mi interessa

e si …

…ma le multe le paghi tu non l’IT

Ovviamente tutto quello che non ci piace diventa un problema IT, peccato che l’IT sia impattata dal GDPR in maniera strumentale. Mi spiego meglio, l’IT deve implementare quelle misure che qualcuno decide debbano essere implementate per garantire il rispetto della normativa, ma non è l’IT che decide cosa implementare.

  • Il GDPR è una roba da avvocati, l’IT non centra

Ovviamente duale al precedente esiste la versione IT che si declina con un

ma a me cosa importa di sta roba?

peccato che una corretta implementazione dei dettami del GDPR imponga anche all’IT a ripensare i propri processi ed iniziare a gestire le cose in maniera adulta.

  • Io Faccio HR non mi devo occupare di queste cose

Ora notoriamente la mia posizione nei confronti della moderna interpretazione delle funzioni HR è abbastanza “critica” (lo so è un eufemismo).

…Il GDPR fa riferimento ai dati personali, ma anche quelli dei dipendenti…mi spiace ma ci sei dentro fino al collo caro HR manager…

Purtroppo per gli amici HR il GDPR non fa distinzioni tra clienti, fornitori o dipendenti. il GDPR si occupa di preservare le libertà fondamentali dell’individuo, essere impiegato non ne inficia né gli obiettivi né gli obblighi. Si, le funzioni HR devono tenere conto del GDPR.

e via scemenzando ne ho sentite fin troppe, anche da sedicenti personaggi che si offrono come esperti. Ok Ok loro dicono lo stesso di me 🙂

GDPR e Processi

Il primo che dovrebbe preoccuparsi del GDPR non è altri che il Board della azienda. La corretta implementazione del GDPR richiede infatti la esplicita presa in carico della azienda della implementazione della conformità alla nuova legge.

Nel dettato del GDPR viene esplicitato diverse volte che spetta all Data Controller di fare le valutazioni inerenti a quale sia il rischio legato alla getione dei dati personali tenendo presente da un lato le esigenze del business dall’altro le libertà individuali da proteggere.

In altre parole il motore della analisi è il Business. e questo non è un dominio che attiene all’IT ma al board della azienda.

l’implementazione del GDPR richiede che si sia in grado di fare una valutazione di Business dell’impatto del processo di raccolta ed elaborazione di dati personali. è il business che determina anche come devono essere gestiti e protetti questi dati.

Il soggetto utilizzato nella nomenclatura GDPR per fare queste valutazioni è il Data Controller. Il responsabile ultimo del trattamento, il CEO della azienda.

in altre parole chiedere alle funzioni IT di gestire il GDPR è come chiedere ad un pilota di progettare una macchina.

Alla fine della fiera la corretta implementazione della normativa richiede la definizione di processi definiti tracciabili e sicuri che consentano di gestire tutta la vita del dato personale all’interno della azienda. questo comporta:

  1. la definizione delle responsabilità all’interno della struttura (ruolo che spetta per definizione al management)
  2. la definizione del livello di rischio accettabile in relazione all’attività aziendale ed alla natura dei dati raccolti (che secondo il GDR spetta al management aziendale)
  3. la implementazione di misure correttive atte a minimizzare il rischio ANCHE dal punto di vista informatico, cosa che richiede l’intervento delle funzioni IT e di sicurezza

Data Controller e Data Processor

Non si può capire cosa sia il GDPR senza aver capito appieno chi è il Data controller, chi è il Data processor e come gira il fumo 🙂

Data Controller

chi cavolo è il data controller?

Il Data controller secondo il GDPR è il responsabile del trattamento dei dati, insomma quello che decide:

  • che dati raccogliere
  • per cosa utilizzarli
  • valutare e gestire il rischio (attraverso lo strumento della DPIA)

In quanto responsabile, spetta al Data Controller (il CEO aziendale o chi per lui) definire quale sia il livello di rischio accettabile e quindi quali siano le misure di mitigazione corrette da mettere in piedi tenendo presente i vincoli dettati dal GDPR.

Questo non significa che altre funzioni aziendali non siano coinvolte nel processo di definizione; HR, MKTG, Sales ed IT sono componenti attive del processo. Ma alla fine la decisione spetta a chi ha la responsabilità, e questa ricade, secondo il GDPR, sul Data Controller in quanto è l’owner delle attività di business e quindi l’unico che possa valutare, come richiede GPR esposizione e rischio.

Data Processor

Ma allora chi o cosa cavolo è un data processor?

Il data Processor altri non è che chi materialmente si occupa delle attività di raccolta e processo dei dati. In quest’ottica, ad esempio, il data processor può essere sia l’operatore marketing che fa le interviste telefoniche e raccoglie i dati, che la struttura IT che gestisce la struttura informatiche che questi dati manipola e gestisce seguendo le istruzioni impartite dal Data Controller..

Mentre il Data controller è una funzione aziendale interna, il data processor può essere anche una entità esterna. è il caso di servizi offerti da terzi: dai cloud providers, alle agenzie di marketing la variabilità dei data processor dipende da come i dati ed il business è stato disegnato ed implementato.

Essendo il Data controller chi decide quale sia il livello di rischio accettabile e quindi le opportune misure di mitigazione il processo di implementazione del GDPR non può partire dai data processor che invece sono le funzioni “implementative”.

Per esemplificare al data controller spetta la definizione dei parametri di business e il livello di rischio accettabile. questo comporta assumersi la responsabilità di come i dati vengono raccolti, gestiti e protetti.

Al Data processor invece spetta l’implementazione operativa delle misure di sicurezza richieste dal Data controller e le operazioni generiche di gestione dei dati.

Insomma il GDPR non dice che devi usare encryption, ma dice che spetta al Data Controller decidere se questa sia una misura adatta a proteggere le libertà individuali associate an un non corretto uso dei dati raccolti in funzione degli imperativi di business.

ovviamente il Data Controller è libero di andare dalle funzioni IT per chiedere:

  1. si può fare?
  2. quanto costa?

ma non spetta all’IT decidere in seno alla implementazione o meno della misura.

Altri aspetti del GDPR richiedono attività che coinvolgono un corretto disegno della struttura manageriale e di reporting che sono di delicata implementazione vista la storica sclerosi delle strutture manageriali italiane storicamente avverse a qualsiasi cambiamento. ma questo è un punto su cui il GDOR non transige, pur non dando indicazioni specifiche richiede l’esplicita responsabilità aziendale nei confronti della implementazione del dettato di legge. alcuni vincoli tuttavia sono esplicitati in termini di legislazione locale anche in italia, ad esempio come si sta definendo la figura del DPO che, è chiaro dal dettato del GDPR, non ha responsabilità diretta sulla implementazione del GDPR che rimane in toto al data controller, e che deve avere il garantito livello di autonomia ed indipendenza dalle altre funzioni aziendali (il che taglia fuori, ad esempio, it managers, sales managers o ruoli simili).

L’inversione dell’onere della prova

Un aspetto probabilmente non ancora ben digerito della nuova normativa è il concetto sottointeso di inversione dell’onere della prova.

Spetta al Data controller dimostrare di essere compliant al GDPR in caso di controlli e o di incidenti.

in altre parole:

sei colpevole se non dimostri la tua innocenza

Questo significa che gli obblighi indicati dal GDPR non sono formali ma sostanziali, e la loro implementazione deve essere formalmente dimostrabile, altrimenti, indipendentemente che ci si sia comportati bene o meno, si è formalmente e sostanzialmente non conformi e quindi perseguibili a termini della normativa.

Insomma non possiamo “ciurlare nel manico” più di tanto, ma siamo obbligati a mettere in piedi processi dimostrabili in maniera chiara, attraverso documentazione, reporting, funzioni aziendali correttamente definite.

 

 

 

 

Guida al GDPR per chi non ne vuol sapere: dice il controller "lei non sa chi sono io"

Manca un anno al GDPR Doom’s Day e ovviamente siamo ancora impreparati ad affrontare la cosa.

Non lo dico io, ovvio, ma lo dicono le statistiche. E se i nostri amici al di la delle alpi sono messi non benissimo leggendo queste statistiche, vi lascio immaginare come siamo messi noi.

Siccome è un po che mi occupo della faccenda devo dire che mi sembra evidente che la comprensione di cosa sia il GDPR latita tra i responsabili aziendali, e le idee su come implementarlo sono spesso poche ma ben confuse.

Ho parlato in articoli precedenti diffusamente sul GDPR in tono lieve e talvolta ironico, ci provo ancora, anche se confesso che incomincio a provare un vago senso di inquietudine quando parlo di questi argomenti.

iniziamo dai alcuni errori di comprensione comuni

Il Bestiario GDPR

  • Il GDPR mi impedisce di collezionare i dati personali

lo ho sentito dire parecchie volte, ed ovviamente la risposta più corretta a questa osservazione è:

…ma la finiamo di dire pirlate?

Il GDPR è un regolamento che impone regole stringenti di gestione e processo dei dati personali, ma non ne impedisce ne la raccolta ne l’utilizzo. il punto è: sappiamo che ti servono, ma devi proteggere l’identità delle persone legate ai dati che hai raccolto.

  • Il GDPR è una roba IT, non mi interessa

e si …

…ma le multe le paghi tu non l’IT

Ovviamente tutto quello che non ci piace diventa un problema IT, peccato che l’IT sia impattata dal GDPR in maniera strumentale. Mi spiego meglio, l’IT deve implementare quelle misure che qualcuno decide debbano essere implementate per garantire il rispetto della normativa, ma non è l’IT che decide cosa implementare.

  • Il GDPR è una roba da avvocati, l’IT non centra

Ovviamente duale al precedente esiste la versione IT che si declina con un

ma a me cosa importa di sta roba?

peccato che una corretta implementazione dei dettami del GDPR imponga anche all’IT a ripensare i propri processi ed iniziare a gestire le cose in maniera adulta.

  • Io Faccio HR non mi devo occupare di queste cose

Ora notoriamente la mia posizione nei confronti della moderna interpretazione delle funzioni HR è abbastanza “critica” (lo so è un eufemismo).

…Il GDPR fa riferimento ai dati personali, ma anche quelli dei dipendenti…mi spiace ma ci sei dentro fino al collo caro HR manager…

Purtroppo per gli amici HR il GDPR non fa distinzioni tra clienti, fornitori o dipendenti. il GDPR si occupa di preservare le libertà fondamentali dell’individuo, essere impiegato non ne inficia né gli obiettivi né gli obblighi. Si, le funzioni HR devono tenere conto del GDPR.

e via scemenzando ne ho sentite fin troppe, anche da sedicenti personaggi che si offrono come esperti. Ok Ok loro dicono lo stesso di me 🙂

GDPR e Processi

Il primo che dovrebbe preoccuparsi del GDPR non è altri che il Board della azienda. La corretta implementazione del GDPR richiede infatti la esplicita presa in carico della azienda della implementazione della conformità alla nuova legge.

Nel dettato del GDPR viene esplicitato diverse volte che spetta all Data Controller di fare le valutazioni inerenti a quale sia il rischio legato alla getione dei dati personali tenendo presente da un lato le esigenze del business dall’altro le libertà individuali da proteggere.

In altre parole il motore della analisi è il Business. e questo non è un dominio che attiene all’IT ma al board della azienda.

l’implementazione del GDPR richiede che si sia in grado di fare una valutazione di Business dell’impatto del processo di raccolta ed elaborazione di dati personali. è il business che determina anche come devono essere gestiti e protetti questi dati.

Il soggetto utilizzato nella nomenclatura GDPR per fare queste valutazioni è il Data Controller. Il responsabile ultimo del trattamento, il CEO della azienda.

in altre parole chiedere alle funzioni IT di gestire il GDPR è come chiedere ad un pilota di progettare una macchina.

Alla fine della fiera la corretta implementazione della normativa richiede la definizione di processi definiti tracciabili e sicuri che consentano di gestire tutta la vita del dato personale all’interno della azienda. questo comporta:

  1. la definizione delle responsabilità all’interno della struttura (ruolo che spetta per definizione al management)
  2. la definizione del livello di rischio accettabile in relazione all’attività aziendale ed alla natura dei dati raccolti (che secondo il GDR spetta al management aziendale)
  3. la implementazione di misure correttive atte a minimizzare il rischio ANCHE dal punto di vista informatico, cosa che richiede l’intervento delle funzioni IT e di sicurezza

Data Controller e Data Processor

Non si può capire cosa sia il GDPR senza aver capito appieno chi è il Data controller, chi è il Data processor e come gira il fumo 🙂

Data Controller

chi cavolo è il data controller?

Il Data controller secondo il GDPR è il responsabile del trattamento dei dati, insomma quello che decide:

  • che dati raccogliere
  • per cosa utilizzarli
  • valutare e gestire il rischio (attraverso lo strumento della DPIA)

In quanto responsabile, spetta al Data Controller (il CEO aziendale o chi per lui) definire quale sia il livello di rischio accettabile e quindi quali siano le misure di mitigazione corrette da mettere in piedi tenendo presente i vincoli dettati dal GDPR.

Questo non significa che altre funzioni aziendali non siano coinvolte nel processo di definizione; HR, MKTG, Sales ed IT sono componenti attive del processo. Ma alla fine la decisione spetta a chi ha la responsabilità, e questa ricade, secondo il GDPR, sul Data Controller in quanto è l’owner delle attività di business e quindi l’unico che possa valutare, come richiede GPR esposizione e rischio.

Data Processor

Ma allora chi o cosa cavolo è un data processor?

Il data Processor altri non è che chi materialmente si occupa delle attività di raccolta e processo dei dati. In quest’ottica, ad esempio, il data processor può essere sia l’operatore marketing che fa le interviste telefoniche e raccoglie i dati, che la struttura IT che gestisce la struttura informatiche che questi dati manipola e gestisce seguendo le istruzioni impartite dal Data Controller..

Mentre il Data controller è una funzione aziendale interna, il data processor può essere anche una entità esterna. è il caso di servizi offerti da terzi: dai cloud providers, alle agenzie di marketing la variabilità dei data processor dipende da come i dati ed il business è stato disegnato ed implementato.

Essendo il Data controller chi decide quale sia il livello di rischio accettabile e quindi le opportune misure di mitigazione il processo di implementazione del GDPR non può partire dai data processor che invece sono le funzioni “implementative”.

Per esemplificare al data controller spetta la definizione dei parametri di business e il livello di rischio accettabile. questo comporta assumersi la responsabilità di come i dati vengono raccolti, gestiti e protetti.

Al Data processor invece spetta l’implementazione operativa delle misure di sicurezza richieste dal Data controller e le operazioni generiche di gestione dei dati.

Insomma il GDPR non dice che devi usare encryption, ma dice che spetta al Data Controller decidere se questa sia una misura adatta a proteggere le libertà individuali associate an un non corretto uso dei dati raccolti in funzione degli imperativi di business.

ovviamente il Data Controller è libero di andare dalle funzioni IT per chiedere:

  1. si può fare?
  2. quanto costa?

ma non spetta all’IT decidere in seno alla implementazione o meno della misura.

Altri aspetti del GDPR richiedono attività che coinvolgono un corretto disegno della struttura manageriale e di reporting che sono di delicata implementazione vista la storica sclerosi delle strutture manageriali italiane storicamente avverse a qualsiasi cambiamento. ma questo è un punto su cui il GDOR non transige, pur non dando indicazioni specifiche richiede l’esplicita responsabilità aziendale nei confronti della implementazione del dettato di legge. alcuni vincoli tuttavia sono esplicitati in termini di legislazione locale anche in italia, ad esempio come si sta definendo la figura del DPO che, è chiaro dal dettato del GDPR, non ha responsabilità diretta sulla implementazione del GDPR che rimane in toto al data controller, e che deve avere il garantito livello di autonomia ed indipendenza dalle altre funzioni aziendali (il che taglia fuori, ad esempio, it managers, sales managers o ruoli simili).

L’inversione dell’onere della prova

Un aspetto probabilmente non ancora ben digerito della nuova normativa è il concetto sottointeso di inversione dell’onere della prova.

Spetta al Data controller dimostrare di essere compliant al GDPR in caso di controlli e o di incidenti.

in altre parole:

sei colpevole se non dimostri la tua innocenza

Questo significa che gli obblighi indicati dal GDPR non sono formali ma sostanziali, e la loro implementazione deve essere formalmente dimostrabile, altrimenti, indipendentemente che ci si sia comportati bene o meno, si è formalmente e sostanzialmente non conformi e quindi perseguibili a termini della normativa.

Insomma non possiamo “ciurlare nel manico” più di tanto, ma siamo obbligati a mettere in piedi processi dimostrabili in maniera chiara, attraverso documentazione, reporting, funzioni aziendali correttamente definite.

 

 

 

 

martedì 31 gennaio 2017

Why IT companies are so concerned by latest (and future) USA administration moves.

Latest USA administration moves are rising a lot of concerns towards the IT community, and a lot of concerns worldwide.

There are, of course, different sentiments related to political beliefs, ethics and moral considerations that should be considered. I will not enter here in the political, ethical and moral arena to present my personal point of view on the specific subject but I would like make some considerations on the IT sector reactions to what is happening.

It is an easy prediction that the future economic outlook will be impacted by USA administration approach and actions, and this can cause understandable reactions on the various stakeholders.

It is interesting to note the different approach from companies that need a global market to survive, as the technological ones, and the ones that rely on local and few other markets.

This difference is, nowadays, more evident on the IT (SW, HW, Services) sector, a highly technological and advanced area that has 2 important needs:

1) highly qualified and skilled personnel

2) a global market to act on

Setting aside the ethical and moral considerations (which are, don’t get me wrong, imperative to anyone), from a business point of view there is no doubt that some markets (as the technological one) need globalization more than other to prosper and survive.

The IT market, although, cover a critical position here, since it is the engine of the 4th industrial revolution and it is facing, as of now, a growing resistance from the older economical model players; comments and reactions I have seen on various platforms are mostly expression of this growing sentiment.

The IT market needs, market historically leaded by USA companies, has been able to growth thanks mainly to innovation, openness and intercultural exchange.

People working in this sector belongs to different ethnic groups, countries and religions bringing, due to this diversity, high value thanks to their experience and approach. In order to create something new (which is what all the Information technology industry is about) a different approach to things is needed. It is not a case that the IT industry in USA has historically found in the open approach (in terms of market and human resources) a tremendous advantage which brought USA to lead the IT market.

IT CEOs are understandably concerned that the environment that made them prosper now can change dramatically. USA administration announced economic protectionism and other rumored or in place actions (last but not least the improperly so called “muslim” ban) could, as a matter of facts, harms those company’s ability to growth and prosper.

In this view it is totally understandable the concerns of important CEOs towards the present and future actions of USA government and the need to address those concerns openly in public.

If, as rumor says, one of the next moves will be to target H-1B visas (working visas) this will heavily affect those companies that will be forced to rethink their approach to the technological market may be forcing them, as an example, to move R&D facilities to more friendly shores.

The truth behind this is that the need for qualified people in the IT sector is still growing to a rate that there is no single nation, nor even USA, that can provide the resources needed to back up this development; therefore the need for qualified and skilled people coming from virtually anywhere is imperative for this sector.

Like it or not some political issues does affect the economic of some sectors, therefore is absolutely understandable that the technology market reacts toward an approach that can undermine its chance to grow, expand, and ultimately bring value to a country in terms of economic wealth and image.

It is worth to notice also that the IT sector is changing, the technologies are shifting from products to services that need a worldwide market to be remunerative. From Cloud to IoT, passing through security and Big data all the recent technology trends calls for the most open and widest possible market.

But there is another factor to take into account; the consolidated IT technologies that need a limited innovation approach are now offered also by emerging competitors in countries outside USA as china and others.

Even if not ready to provide, in most cases, a disruptive technologies advance those companies are able to produce, in the consolidated technology market, a stable product implementation and constant improvement in a price\competitive fashion. Quality issues in consolidated technology fields are a minor concerns since products tend to be aligned.

If we add the geopolitical issues that lead, as an example, some countries to start looking for alternatives to USA products (China, Russia, Pakistan, India are an example, but understandable the middle east area in the future) the picture is more clear.

This is not politic, but economy.

One further economical consideration, the inevitable shift to a so called “data economy” (the real meaning of the 4th industrial revolution) is something that should be driven. Closing the economy to the old models although make you feel in your “comfort zone” will just retard the inevitable, creating more later costs to adapt.

But there are also ethical and moral consideration to be taken into account, and most of those CEO for once demonstrate that business and ethics can match, probably due not only to their business but also their heritage.

Kudos to Satya Nadella , Brad Smith, Sundar Pichai, Tim Cook, Mark Zuckerberg and the others that put business and ethics as a matter and speak out.

Antonio