Usualmente non sono accondiscendente con le motivazioni Israliane nel conflitto Israelo-Palestinese.
Non si tratta di essere antisemtia o antisionista, ma semplicemente di essere critico verso le operazioni israliane in terra palestinese perchè le ritengo inutili dal punto di vista degli obiettivi che vengono ufficialmente dichiarati e inaccettabili da un punto di vista di un esponente della civiltà occidentale.
Ho scritto più volte che l’atteggiamento sprezzante di Israele nei confronti della comunità internazionale e delle risoluzioni dell’ONU, il comportamento della stessa Israele nei territori occupati e quelli limitrofi (dal controllo delle fonti di approvigionamento idrico agli insediamenti e via dicendo), porta ad una sempre maggiore radicalizzazione del conflitto, non certo alla sua soluzione.
Non sono neanche da sottovalutare gli atteggiamenti apertamente razzisti di alcune frange radicali dei vari movimenti ebraici che sono anche al governo. Valutazioni che vanno dal fatto che gli Arabi e tutti i gentili esistono solo per servire gli ebrei, alle dichiarazioni che i palestinesi dovrebbero essere tutti sterminati fatte da alcuni esponenti religiosi (potete fare riferimento al mio articolo in inglese “A neverending Chain of Hate” per qualche indicazione in merito).
Ma capiamoci, per fare la pace occorre essere in due, ed atteggiamenti apertamente contrari alla possibile formulazione di una pace stabile sono presenti anche dall’altro lato, Hamas ne è un esempio lampante.
La radicalizzazione del conflitto è visibile sopratutto in termini della radicalizzazione ideologica che ha preso piede da entrambe le parti e di cui la escalation militare è una diretta conseguenza. La cosa è abbastanza evdente se si da una occhiata alla trasformazione dei movimenti palestinesi che da movimenti prevalentemente laici con ramificazioni filo comuniste si sono trasformati in movimenti a forte caratterizzazione religiosa, come appunto Hamas.
Hamas è un movimento Islamico-Sunnita con un braccio armato che è, di fatto, il responsabile del lancio di razzi contro Israele degli ultimi anni.
La caratterizzazione Islamico-sunnita non è da sottovalutare sopratutto se consideriamo quello che sta avvenendo nelle rimanenti aree del medio oriente fra le componenti sciite e sunnite, e può aiutare a capire quali siano ramificazion e contatti del gruppo Hamas o il perchè nella sua agenda non rientri la pace con Israele. Un atteggiamento non molto differente da quello di alcune frange estreme in Israele. L’obiettivo di Hamas non è certamente quello di creare un rapporto di mutuo riconoscimento tra Israele e uno stato palestinese ma eventualmente di creare uno stato palestinese di matrice islamica.
Se Hamas non ha in agenda nessuna concessione alla pace, se non tramite la “sconfitta” del nemico risulta evidente che le attività di “terrorismo” attuate hanno lo scopo di perpetuare lo scontro fino alla soluzione finale. Questa situazione trova la controparte ideale in Israele dove la continua espansione del territorio a discapito della popolazione palestinese tramite gli insediamenti dichiarati illegali più volte dalla comunità internazionale non fa altro che alimentare le ragioni della estremizzazione.
La strategia di Hamas risulta però comprensibile solo se si analizzano anche i suoi metodi all’interno dei territori ove si è insediata. Per sua natura, di movimento islamico e militare, Hamas fa del reclutamento lo strumento primo necessario ad ingrossare le proprie file, a differenza di uno stato sovrano che può utilizzare un esercito regolare, hamas alimenta la sua struttura militare facendo affidamento ad adesione spontanea e pressione psicologica. Il risultato è duplice,da un lato si ottiene una forza militare più estremizzata (si pensi ai suicidi) dall’altra si crea un legame particolamente forte sul territorio, legame che è strumento indispensabile alla strategia di Hamas.
Internamente Hamas opera con due facce, da un lato si preoccupa di attivare attività “caritatevoli”, fornire istruzione e “sicurezza” nei confronti della popolazione, dall’altro attraverso la struttura armata alimenta la condizione di disagio che facilita la sua attività di reclutamento ed indottrinamento continuando a “stuzzicare” Israele con uno “stillicidio” continuo..
Da questo punto di vista, pace e prosperità sono i nemici più pericolosi per hamas, dal momento che sottrarebbero le principali basi del consenso ideologico su cui basa il suo potere.
Per “fortuna” della dirigenza di Hamas Israele non perde occasione, con le sue azioni, per alimentare la propaganda di Hamas e favorirne il radicamento nei territori.
Ovviamente in tutto questo quadro coloro che vengono a pagare il prezzo più alto sono i palestinesi stessi.
Perche Hamas si nasconde tra i civili?
Ecco una domanda che sento spesso, cerchiamo di capire cosa significhi questo “nascondersi tra i civili” od “usare i civili come scudo” e via dicendo.
Dobbiamo innanzi tutto distinguere almeno 3 distinti livelli:
- ci sono i leader politici\militari
- ci sono le strutture di Hamas
- ci sono le strutture militari nascoste.
per quello che concerne la leadership di Hamas, è impensabile che questa non viva nella stessa zona dove vivono i “civili”. Innanzi tutto perchè sono civili anche loro (e forse qualcuno potrebbe ricordare anche che sono stati eletti democraticamente, per quanto si possa parlare di democrazia nell’area), in secondo luogo un movimento come Hamas che, ricordo, non è ne uno stato ne un partito politico ma un movimento di ispirazione religiosa estremista, non può prescidere dal territorio. Reclutamento, indottrinamento e attività varie non hanno senso se non fatte nel territorio, che è la base del consenso di Hamas.
Ogni bomba che cade, consente ad hamas di intervenire a supporto della popolazione dal punto di vista medico e “umanitario” dando di se l’immagine del protettore della causa e della gente.
Per quanto comprensibile la propaganda Israiliana in questo senso è propaganda, anche i capi militari e politici israiliani vivono in città come cittadini, non certo in enclavi separate.
Le strutture di Hamas, parimenti sono obbligatoriamente oggetti presenti nel territorio, una scuola coranica, una mensa per i poveri, una moschea non possono certo essere messe al di fuori del perimetro cittadino.
Un discorso particolare va fatto però per le strutture militari, molte di queste hanno in realtà funzioni ibride di rifugio e\o base di attacco. Come i tunnel servono alla duplice finzione di perpetrare azioni di guerra e consentire l’aggiramento di un embrago economico che ha strangolato la popolazione civile.
Oggettivamente è difficile immaginare che hamas possa scegliere strategie diverse per quello che concerne le strutture militari, anche per la modalità con cui queste strutture vengono integrate nel territorio. Del resto in assenza di un esercito regolare non è pensabile di mettere le strutture militari in maniera visibile e facilmente rintracciabile.
La polemica sugli “scudi umani” è quindi abbastanza risibile dal punto di vista militare, Hamas fa quello che deve fare per perseguire il suo obbiettivo, che per inciso non comprende ne la salvezza del popolo palestinese ne la ace con Israele.
Se Hamas non si nascondesse tra i civili non sarebbe Hamas, avrebbe una agenda diversa e probabilmente avrebbe lavorato per la pace e non per il mantenmento di uno “status quo” che serve solo a pochi dirigenti di entrambe le parti ad alimentare le ragioni del loro potere e della loro ideologia.
Hamas è la resistenza palestinese?
Difficile dare una risposta ad una domanda del genere. Innanzi tutto occorrerebbe capire se esiste oggi una resistenza palestinese e se si con che agenda. Detto questo Hamas ha tratto vantaggio dalla situazione in cui si trova la Palestina e la striscia di Gaza in particolare, giustificandosi come resistenza leggittima agli occhi della popolazione interna ma agendo in maniera alquanto discutibile.
Sarei tentato, ma questa è una mia opinione, a dire di no. ma non perchè Hamas sia una organizzazione terroristica, tutti i movimenti di resistenza sono chiamati “terroristi” dall’estabishment al potere, ma perchè la resistenza di una popolazione di solito non ha una connotazione religiosa o politica, ma sociale e nazionalistica.