Informazioni personali

Cerca nel blog

Translate

Visualizzazione post con etichetta economia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta economia. Mostra tutti i post

venerdì 2 dicembre 2022

Limite al contante, PoS ed evasione

a person in black long sleeves tapping the credit card on a pos terminal
Photo by Yan Krukov on Pexels.com

Una volta tanto invece di finire dal blog a twitter faccio il percorso inverso ed uso un thread su twitter che ho scritto per svilupparlo un poco nel blog.

Ultimamente si parla molto delle misure del governo inerenti la disponibilità e modalità di pagamento, in particolare della possibilità data ai negozianti di rifiutare i micropagamenti via carta di credito o bancomat (fino ad un tetto di 60 euro) e di alzare la quota ammissibile di pagamenti in contanti fino ad un tetto di 5000 euro.

La discussione, nel suo complesso, richiede ovviamente competenze maggiori di quelle che ho (per fortuna gli italiani, tranne me, invece sono tutti economisti, sociologi, allenatori, costituzionalisti, virologi etc, etc) , e quindi non entrerò nel merito di considerazioni di microeconomia o economia sociale che possano andare a favore o contro della decisione, ma mi soffermerò su alcuni punti salienti della discussione che vedo in giro e che, a mio umile giudizio, non contribuiscono a chiarire i termini della questione.

Va fatta una premessa, le transazioni elettroniche sono facilmente tracciabili e quindi sono uno strumento prezioso nella lotta all’evasione ed al nero. Da qui a richiesta europea di associare al PNRR vincoli che andassero ad incidere sulla evasione (che indirettamente dovrebbe portare alla diminuzione del disavanzo). Purtroppo l’attenzione che si sviluppa anche sui mainstream media in merito è decisamente errata dal punto di vista tecnico.

Evado o non evado, questo è il dilemma

Gran parte della discussione legata ad entrambe le decisioni sono incentrate su 2 argomenti che trovo, nel complesso della gestione del discorso, usati in maniera non corretta ed in alcuni casi sopratutto sul lato dei vincoli legati alla accettazione del POS, pretestuosi.

I due argomenti sono l’evasione e la libertà

L’evasione

Una buona fetta della discussione inerente sia il tetto alle transazioni al contante che alla obbligatoria accettazione dell’uso del PoS anche per micropagamenti riguarda l’evasione.

Ora occorre fare innanzi tutto chiarezza su un paio di punti: il fenomeno della evasione da parte dei fornitori di servizi o di esercenti è abbastanza indipendente dai vincoli di cui si discute. Laddove vi sia evasione questa avviene indipendentemente da tali limiti e obbliga chi “vende” ad alterare la contabilità, cui è soggetto.

Le transazioni in nero, quindi, sono fuori da questo ambito e vi rimangono. Quello che, eventualmente, potrebbe essere più facile per il commerciante al dettaglio è la microevasione. ma il non battere uno scontrino da pochi euro non credo sia l’obiettivo della lotta all’evasione ne la transazione elettronica sarebbe di aiuto.

Poco interessante risulta anche la questione dei costi inerenti i pagamenti con mezzi elettronici. Al di la dei racconti che circolano la realtà è che il pagamento elettronico risulta persino più economico della gestione del contante e laddove le “commissioni” fossero un problema non è certo disincentivando i pagamenti elettronici che si migliora la cosa.

La idea che la categoria dei commercio sia, per altro, intrinsecamente legata alla evasione è tutta da dimostrare, ma in particolare la transazione elettronica dei micropagamenti non indirizzerebbe il problema.

In realtà, in termini di ricerca della evasione il problema della micro-evasione non è nel negoziante, che assumo emetta scontrino, ma nella fonte del contante dell’acquirente, questa si non tracciabile.

Le forme di pagamento diretto sono, lato commerciante, tracciabili in quanto quest’ultimo che è tenuto ad una contabilità che limita le vie evasive o elusive.

Al contrario le transazioni in contanti non sono tracciabili lato acquirente, visto che lo scontrino non è nominativo non c’è modo di associare il flusso di denaro che ha permesso l’acquisto a meno che non si sia in presenza della transazione.

Comprato un bene e pagato, finisce la possibilità di valutare da dove provenga il denaro usato per la transazione che, invece, il commerciante deve tracciare nei libri contabili.

Quando parliamo della necessità di tracciare i passaggi di denaro associati al rischio evasione, il riferimento dovrebbe esser messo su chi usa contanti per i pagamenti, di cui risulta quasi impossibile la tracciabilità e non sui commercianti. Siano questi soldi provenienti da lavoro legittimo, elusione, evasione, lavoro nero o profitti illeciti diventa difficile tracciare la fonte.

Pagare in contanti, quindi, non nasconde la attività del commerciante, ma permette all’acquirente di rimanere “invisibile” alla transazione.

Le transazioni digitali invece lasciano una traccia associabile all’acquirente in quanto nominative, da qui la possibilità di tracciare la fonte del denaro usato nella acquisizione di beni o servizi.

Se il rischio di microevasione quindi dei pagamenti in contanti non è associabile solo a chi vende beni o servizi, che sono comunque in qualche modo misurabili attraverso la contabilità, questo è maggiore se consideriamo chi effettua acquisti.

In quest’ottica sopratutto l’innalzamento del tetto di uso del contante abbassa la possibilità di tracciare possibili evasioni in maniera oggettiva, mentre la possibilità di rifiutare pagamenti POS per microtransazioni risulta poco utile in termini di monitoraggio.

Il tradeoff tra l’aumento della non rintracciabilità delle transazioni economiche legate a tale innalzamento (quindi legate percentualmente a potenziale evasione) e le presunte positive ricadute economiche non è argomento su cui ho elementi di analisi e lo lascio quindi ai tifosi dell’una o altra parte

Per quello che concerne i micropagamenti mi risulta ancora più difficile riscontrare ragioni tali per cui questa sia una scelta premiante dal punto di vista fiscale, ma ne parliamo nel prossimo punto.

La libertà

Curiosamente se, errando, per l’evasione la attenzione è rivolta al commerciante, altrettanto erroneamente si rivolge l’attenzione per questioni di presunta “libertà” verso l’acquirente:

“perchè volete vietarmi di pagare in contanti?”

“io non voglio essere tracciato”

“quello che compro sono fatti miei”,

Sono tutte grida associate alle considerazioni di libertà associate sia all’uso piu o meno obbligatoria del POS che all’innalzamento del contante.

La questione, messa in questi termini, è chiaramente inconsistente per diverse ragioni, vediamone alcune.

Abolire l’obbligo di accettare pagamenti PoS sotto i 60 euro non inficia in alcun modo la possibilità che c’è sempre stata di pagare in contanti. La idea che tale innalzamento restituisca all’utente una capacità di pagamento prima negata è semplicemente assurdo in quanto in italia non c’è mai stato un vincolo obbligatorio di uso dei sistemi elettronici per i micropagamenti. è vero esattamente il contrario, si è dovuto legiferare per permettere a chi voleva pagare con mezzi elettronici la possibilità di farlo.

Se si parla di costrizione delle libertà, quindi, eventualmente è a danno di chi vuole usare la carta e non di chi vuole usare il contante.

Le grida sui sostenitori del pagamento in contanti risultano quindi abbastanza ridicole oltre che inconsistenti, per tacer di chi prova piacere ad andare al bancomat, o allo sportello di banca a prelevare contanti, per finire di chi sente il bisogno (patologico per altro) di essere in contatto diretto col denaro.

La unica obiezione sensata sarebbe la impraticabilità economica della gestione dei micropagamenti da parte dei commercianti, ma come si diceva prima, questa questione non si risolve certo in questo modo.

SI apre quindi un problema legato alla fornitura di servizi ed al loro pagamento che risulta discriminatorio per chi preferisce il pagamento elettronico (sono uno di quelli) e si introduce una distorsione del mercato di cui non si capisce la virtù.

La questione sarebbe, comunque, risibile se fosse lasciata allo sviluppo naturale delle modalità di commercio. Laddove il commerciante iniziasse a sentire che il non accettare pagamenti POS potrebbe comportare un abbassamento del giro di affari vi sarebbe una apertura verso tali modalità. I termini competitivi del mercato quindi potrebbero indirizzare e correggere eventuali distorsioni, se non con la eccezione di alcuni compartimenti particolari come quelli legati ai taxi.

Taxi car png sticker, old-fashioned

La questione dei taxi è un nodo dolente che, per altro, ci contraddistingue in europa. Chiunque abbia un minimo di esperienza all’estero sa che in molti paesi prendere un taxi e pagare con carta è la norma, da noi sembra essere ancora un esercizio difficile e mal digerito dalla categoria. Categoria per altro affetta da ben altre problematiche ben piu serie, come ad esempio il costo ed il numero delle licenze.

In questo caso una valutazione in merito alla fruibilità del servizio sarebbe più che giustificabile a fronte anche dei malumori della categoria.

Rimane l’obbligo di pagamento elettronico sopra una certa cifra, in questo caso vi è si una contrazione di un certo grado della libertà individuale che però serve a correggere comportamenti lesivi della comunità. Riduzione che non preclude la capacità di acquisto ma ne vincola le modalità, un vincolo olonomo che comunque non pregiudica l’esercizio del diritto del soggetto di comprare quello che vuole nei termini consentiti dai vincoli imposti dalla legge.

Un altro cinema è invece legato alla tracciabilità: non volere che il “governo” (entità alquanto astratta in tali ragionamenti) sappia tutto quello che faccio.

Esisterebbe un fantomatico anelito libertario che porterebbe a voler rinunciare alle forme di pagamento elettronico in nome di una ipotetica invisibilità al sistema.

Curiosamente queste grida vengono da chi usa cellulari e social media per comunicare, e già qui si potrebbero chiudere le questioni.

In realtà la questione è ben più seria e limitarla ai pagamenti elettronici è semplicemente ottuso. La questione del tracciamento delle nostre attività appartiene, infatti, ad un dominio molto più ampio di cui, paradossalmente, l’uso delle transazioni elettroniche legate ai micropagamenti è largamente ininfluente.

Invece che presentare sterili battaglie sul tracciamento dei POS sarebbe opportuno mettersi a discutere più seriamente di quali siano i dati che lasciamo in giro e come questi vengano usati e gestiti, ivi compreso dai governi e dalle istituzioni pubbliche. Il millantato rischio di cui spesso si legge di “ricatto” informatico una volta che tutti i pagamenti siano legati al POS è in realtà già largamente utilizzabile in altri ambiti molto più efficaci. La nostra dipendenza da una, mal disegnata, digitalizzazione è infatti molto più ampia di quello che molti percepiscono.

Non per colpa, ma spesso per non conoscenza dei termini tecnologici di cui si parla.

Conclusione

Sarebbe carino, “semel in anno“, che su questioni cosi strettamente tecniche si instaurasse una discussione non ideologica ma concreta. Sicuramente non su Twitter, ove la concretezza è, nella maggior parte dei casi, mera chimera, ma almeno su canali più tradizionali. Purtroppo mancano gli elementi su cui fare valutazioni concrete e spesso il punto di vista presentato presenta evidenti falle logiche e concettuali che impediscono un fruttuoso confronto.

Il risultato è che si parla di POS come del Grafene nei sieri o della forma della terra.

Vedo il lato positivo, molti commenti sono esilaranti 🤣

giovedì 30 ottobre 2014

E se i tedeschi non si fidassero di noi?

differenzeultimamente sembra che la germania sia la colpevole di tutti i mali, la ostinata caparbietà con cui si ostinano a perseguire il rigore in un momento di crisi sembra quasi ottuso.

Perchè i tedeschi non vogliono politiche economiche più flessibili?

Perchè questa ostinazione che rischia di piegare ulteriormente la nostra economia?

Non sono in grado di dare giustificazione economica, ne in un senso ne in un altro, ma ultimamente un sospetto me lo sono fatto: non è che l’opinione pubblica tedesca, e quindi i suoi governanti, non si fidano di noi?

se è vero che scelte economiche non espansive rischiano di comprimere ulteriormente i consumi e rendere piu faticosa, se non impossibile, la uscita dal tunnel della crisi economica, mi viene da pensare che i tedeschi temono di più che una maggiore apertura della esposizione finanziaria dei paesi come l’Italia porti non ad un miglioramento della economia ma un miglioramento della, scusatemi il termine, ruberia.

In effetti se guardiamo l’italia dagli occhi di un tedesco, non gli si può dare proprio torto: negli ultimi 20 anni la nostra economia è stata sempre in calo, mentre le spese dello stato sono aumentate esponenzialmente.

Ma a fronte di un aumento delle spese i servizi non sono aumentati ne in quantità ne in qualità, ou contraire vi è stato un continuo e costante degrado delle prestazioni dello stato.

In compenso sempre nello stesso lasso temporale la nostra immagine internazionale si è offuscata anche grazie ad una classe politica che faceva del gossip e delle brutte figure la bandiera. Del resto siamo noi ad avere in parlamento un soggettino come l’onorevole Antonio Razzi a capo della commissione esteri del senato.

E non si creda che la battuta sul Kapò di Silvio Berlusconi fatta nei confronti di Martin Schulz al parlamento europeo abbia migliorato la nostra immagine.

E che dire dei continui scandali, si veda la divertente epopea di Expo a Milano tanto per citarne una…

La cosa che agli occhi di un tedesco però risulta piu indigesta è il fatto che sembra che l’opinione pubblica italiana invece di stigmatizzare questi comportamenti li giustifichi e se ne compiaccia.

Non è che in germania, intendiamoci, non esista corruzione, stupidità o altre delizie. La differenza più grossa è che li se un politico ruba anche poco e viene scoperto, viene stigmatizzato dalla pubblica opinione e dal suo stesso partito, mentre da noi si grida al martirio e si cerca di giustificare l’ingiustificabile.

Non si tratta però di stolido bigottismo, come potrebbe affermare il buon Giuliano Ferrara durante una delle sue arringhe pro Berlusconi, ma di senso dello stato ed etica del medesimo.

Se la ci sono politici che si dimettono perchè hanno usato i punti della carta fedeltà della compagnia aerea maturati con i voli di stato, da noi non ci si dimette neanche davanti ad una condanna in primo grado. Questo per i nostri amici d’oltralpe è incomprensibile.

Come incomprensibile è come possiamo permettere ai nostri politici o dirigenti di dire cose imbarazzanti o comportarsi in maniera non consona. Insomma ce lo vedete il presidente della federazione calcio tedesca fare le stesse affermazioni di Carlo Tavecchio senza dimettersi?

Morale, etica, onestà, serietà. Sono questi gli elementi che sembrano mancare nel nostro rissoso, inconcludente, ferito paese.

Allora agli occhi di un tedesco, dare vincoli più laschi per l’indebitamento dello stato significherebbe, in Italia, dare il via a nuove ruberie e mal gestioni.

Questi soldi andrebbero, per loro, non a favorire la ripresa della economia, della occupazione e dei consumi, ma ad ingrassare i soliti noti che farebbero quello che hanno fatto negli ultimi decenni: asciugare le risorse dello stato per i propri interessi. E siccome il debito dello stato lo comprano gli stati esteri, ed il primo acquirente è la Germania…..

Insomma l’impressione è che il contribuente tedesco non voglia alimentare, con i suoi soldi, una classe dirigente (politica e non) corrotta e collusa con la criminalità o, nel caso migliore, inetta.

Ora prima di levare gli scudi ed iniziare a cercare i difetti tedeschi dovremmo osservare che, tutto sommato, il modello tedesco ha reso i tedeschi più ricchi di noi, con servizi migliori, con un costo della vita più basso (nonostante gli stipendi più alti), con un welfare migliore del nostro e un sistema di protezione dei lavoratori migliore.

Se vogliamo anche aggiungere che il tasso di criminalità è più basso, e che nel parlamento federale tedesco il numero di inquisiti è decisamente più basso del nostro, potremmo tirare conclusioni ovvie.

Quindi prima di offendersi, gridare allo scandalo e incitare all’odio per la mitteleuropa forse varrebbe la pena chiedersi: se noi fossimo in Germania, da tedeschi come vedremmo gli italiani?

Cosa diremmo agli italiani?

Probabilmente la prima cosa che diremmo è che siamo scandalizzati dall’atteggiamento accondiscendente che hanno gli italiani col malaffare, e gli suggeriremmo di iniziare a ricostruire una etica che premi l’onestà. Del resto non vorremmo certo dare i soldi a dei ladri o sostenitori di ladri, no?

Poi magari chiederemmo una rigorosa operazione di pulizia, che vada a togliere il marcio presente nella classe dirigenziale ed aspetteremmo di vedere se tali operazioni sono in grado di aumentare il livello di efficienza del sistema italia. Dove per efficienza si intende il rapporto tra i soldi impegnatirisultati ottenuti più che un calo delle spese.

Certo non siamo tedeschi, siamo italiani, per noi la fantasia conta di più, sappiamo cavarcela sempre, siamo furbi e ammiriamo i furbi, che cosa vogliono loro che mangiano solo krauti wurstel e patate….

Eppure, se fossimo onesti con noi stessi, alla fine non possiamo dargli torto è difficile fidarsi di chi continua a dare brutti esempi.

Non ci fidiamo di noi stessi:

  • diamo scontato che per expo ci saranno ruberie,
  • che quelli di equitalia e della agenzia delle entrate dono delle sanguisughe senza cuore,
  • che i politici sono tutti ladri,
  • che alla fine è tutto un “magna magna”

e quando il buon Antonio Razzi dice ripreso di nascosto che li, in parlamento, “tutti si fanno i cazzi loro” noi siamo concordi con un sorriso amaro.

Allora prima di lamentarsi del fatto che i tedeschi insistono sul rigore dei conti forse dovremmo chiederci perchè…

 

E se i tedeschi non si fidassero di noi?

differenzeultimamente sembra che la germania sia la colpevole di tutti i mali, la ostinata caparbietà con cui si ostinano a perseguire il rigore in un momento di crisi sembra quasi ottuso.

Perchè i tedeschi non vogliono politiche economiche più flessibili?

Perchè questa ostinazione che rischia di piegare ulteriormente la nostra economia?

Non sono in grado di dare giustificazione economica, ne in un senso ne in un altro, ma ultimamente un sospetto me lo sono fatto: non è che l’opinione pubblica tedesca, e quindi i suoi governanti, non si fidano di noi?

se è vero che scelte economiche non espansive rischiano di comprimere ulteriormente i consumi e rendere piu faticosa, se non impossibile, la uscita dal tunnel della crisi economica, mi viene da pensare che i tedeschi temono di più che una maggiore apertura della esposizione finanziaria dei paesi come l’Italia porti non ad un miglioramento della economia ma un miglioramento della, scusatemi il termine, ruberia.

In effetti se guardiamo l’italia dagli occhi di un tedesco, non gli si può dare proprio torto: negli ultimi 20 anni la nostra economia è stata sempre in calo, mentre le spese dello stato sono aumentate esponenzialmente.

Ma a fronte di un aumento delle spese i servizi non sono aumentati ne in quantità ne in qualità, ou contraire vi è stato un continuo e costante degrado delle prestazioni dello stato.

In compenso sempre nello stesso lasso temporale la nostra immagine internazionale si è offuscata anche grazie ad una classe politica che faceva del gossip e delle brutte figure la bandiera. Del resto siamo noi ad avere in parlamento un soggettino come l’onorevole Antonio Razzi a capo della commissione esteri del senato.

E non si creda che la battuta sul Kapò di Silvio Berlusconi fatta nei confronti di Martin Schulz al parlamento europeo abbia migliorato la nostra immagine.

E che dire dei continui scandali, si veda la divertente epopea di Expo a Milano tanto per citarne una…

La cosa che agli occhi di un tedesco però risulta piu indigesta è il fatto che sembra che l’opinione pubblica italiana invece di stigmatizzare questi comportamenti li giustifichi e se ne compiaccia.

Non è che in germania, intendiamoci, non esista corruzione, stupidità o altre delizie. La differenza più grossa è che li se un politico ruba anche poco e viene scoperto, viene stigmatizzato dalla pubblica opinione e dal suo stesso partito, mentre da noi si grida al martirio e si cerca di giustificare l’ingiustificabile.

Non si tratta però di stolido bigottismo, come potrebbe affermare il buon Giuliano Ferrara durante una delle sue arringhe pro Berlusconi, ma di senso dello stato ed etica del medesimo.

Se la ci sono politici che si dimettono perchè hanno usato i punti della carta fedeltà della compagnia aerea maturati con i voli di stato, da noi non ci si dimette neanche davanti ad una condanna in primo grado. Questo per i nostri amici d’oltralpe è incomprensibile.

Come incomprensibile è come possiamo permettere ai nostri politici o dirigenti di dire cose imbarazzanti o comportarsi in maniera non consona. Insomma ce lo vedete il presidente della federazione calcio tedesca fare le stesse affermazioni di Carlo Tavecchio senza dimettersi?

Morale, etica, onestà, serietà. Sono questi gli elementi che sembrano mancare nel nostro rissoso, inconcludente, ferito paese.

Allora agli occhi di un tedesco, dare vincoli più laschi per l’indebitamento dello stato significherebbe, in Italia, dare il via a nuove ruberie e mal gestioni.

Questi soldi andrebbero, per loro, non a favorire la ripresa della economia, della occupazione e dei consumi, ma ad ingrassare i soliti noti che farebbero quello che hanno fatto negli ultimi decenni: asciugare le risorse dello stato per i propri interessi. E siccome il debito dello stato lo comprano gli stati esteri, ed il primo acquirente è la Germania…..

Insomma l’impressione è che il contribuente tedesco non voglia alimentare, con i suoi soldi, una classe dirigente (politica e non) corrotta e collusa con la criminalità o, nel caso migliore, inetta.

Ora prima di levare gli scudi ed iniziare a cercare i difetti tedeschi dovremmo osservare che, tutto sommato, il modello tedesco ha reso i tedeschi più ricchi di noi, con servizi migliori, con un costo della vita più basso (nonostante gli stipendi più alti), con un welfare migliore del nostro e un sistema di protezione dei lavoratori migliore.

Se vogliamo anche aggiungere che il tasso di criminalità è più basso, e che nel parlamento federale tedesco il numero di inquisiti è decisamente più basso del nostro, potremmo tirare conclusioni ovvie.

Quindi prima di offendersi, gridare allo scandalo e incitare all’odio per la mitteleuropa forse varrebbe la pena chiedersi: se noi fossimo in Germania, da tedeschi come vedremmo gli italiani?

Cosa diremmo agli italiani?

Probabilmente la prima cosa che diremmo è che siamo scandalizzati dall’atteggiamento accondiscendente che hanno gli italiani col malaffare, e gli suggeriremmo di iniziare a ricostruire una etica che premi l’onestà. Del resto non vorremmo certo dare i soldi a dei ladri o sostenitori di ladri, no?

Poi magari chiederemmo una rigorosa operazione di pulizia, che vada a togliere il marcio presente nella classe dirigenziale ed aspetteremmo di vedere se tali operazioni sono in grado di aumentare il livello di efficienza del sistema italia. Dove per efficienza si intende il rapporto tra i soldi impegnatirisultati ottenuti più che un calo delle spese.

Certo non siamo tedeschi, siamo italiani, per noi la fantasia conta di più, sappiamo cavarcela sempre, siamo furbi e ammiriamo i furbi, che cosa vogliono loro che mangiano solo krauti wurstel e patate….

Eppure, se fossimo onesti con noi stessi, alla fine non possiamo dargli torto è difficile fidarsi di chi continua a dare brutti esempi.

Non ci fidiamo di noi stessi:

  • diamo scontato che per expo ci saranno ruberie,
  • che quelli di equitalia e della agenzia delle entrate dono delle sanguisughe senza cuore,
  • che i politici sono tutti ladri,
  • che alla fine è tutto un “magna magna”

e quando il buon Antonio Razzi dice ripreso di nascosto che li, in parlamento, “tutti si fanno i cazzi loro” noi siamo concordi con un sorriso amaro.

Allora prima di lamentarsi del fatto che i tedeschi insistono sul rigore dei conti forse dovremmo chiederci perchè…

 

venerdì 24 ottobre 2014

Ho paura della legge di stabilità

Diciamolo, questa volta la legge di stabilità, nota in passato come finanziaria (perche con questa lo stato si finanziava?), ci mette in apprensione.

Non si tratta della stangata, che tutti ci aspettiamo in una maniera o nell’altra, ma di come questa colpirà le nostre attività.

Leggendo i giornali sembrerebbe di capire, ad un non esperto come me, che ci si aspetta di operare su 3 aree distinte:

1) tracciamento di tutti i pagamenti, rendendo l’uso dei contanti una frazione minima delle transazioni.

2) aumento delle accise e dell’iva per compensare gli sgravi di tasse

3) una nuova stretta per quello che riguarda la lotta alla evasione.

dal mio punto di vista il punto 1 può rappresentare una seccatura, ma non incide in maniera pesante sulle mie abitudini, ma vorrei capire come faranno a gestirla persone come mia madre che tutt’ora hanno i tremori di fronte ad un bancomat. … Già ma loro sono anziani, cosa ci frega a noi giovani (sic).

Per venire in contro alla categoria degli attempati  comunque si sposta avanti il pagamento delle pensioni cosi l’inps ci guadagna in valuta mentre loro ci perdono in salute (per non considerare quisquilie com gli affitti e le scadenze di inzio mese).

Ma ancora una volta perchè preoccuparsi di queste sciocchezze di fronte al bene più grande del paese.

Il punto 2 è un classico, ci aspettiamo aliquote IVA fino al 25,7%. Il discorso dell’aumento dell’va è un vecchio adagio, il fatto che ad ogni aumento ci sia un calo dei consumi tale da rendere non solo inutile l’aumento in termini di flusso di cassa ma addirittura di provocarne un calo è lettera morta. Gli esperti economisti della pubblica finanza sanno usare bene la calcolatrice e non si preoccupano di queste quisquilie.

C’è da dire che il calo dei consumi non può continuare in eterno, e che se gli economisti hanno stimato bene le cose avranno calcolato che arrivati al fondo del barile ogni aumento ulteriore di iva non potrà che far aumentare gli incassi perchè si è già arrivati al minimo livello di acquisti per la sopravvivenza.

Mi spiego:

se io ho 100 da spendere magari ne uso 50 per le cose indispensabili e 50 per le cose “futili”.

Ad ogni aumento dell’iva posso far calare le cose futili, ma non posso contrarre piu di tanto le spese indispensabili (tipo cibo, riscaldamento….). Ora se io aumento l’iva, ad esempio potrei dover spendere 49 nelle cose indispensabili ma solo 30 nelle futili. Il calo di 21 punti però potrebbe essere tale da annullare l’effetto dell’aumento dell’iva a causa della contrazione dei consumi.

Oora se aumento ulteriormente l’iva più volte contraggo sempre piu la parte futile e meno la parte indispensabile, supponiamo di arrivare allora ad un punto in cui ho contratto a 45 la parte indispensabile e a 5 la parte futile, un ulteriore aumento di iva potrebbe anche portare la parte futile a 0 ma non potendo contrarre ulteriormente la parte indispensabile della spesa ecco arrivare i tanto agognati aumenti di incasso per l’erario.

Certo in questo modo si è ammazzata l’economia, ma queste sono sottigliezze di fronte al bene più grande.

Il punto 3 è un atto di doverosa giustizia sociale se non che…. come viene fatta in italia la lotta alla evasione?

C’è stato un momento in cui lo stato italiano decise che era immorale e non etico procedere al sequestro di case di proprietà, mobili e strumenti lavorativi in caso di contenzioso fiscale. la idea era che il recupero da parte dello stato non poteva arrivare al punto di rendere impossibile o danneggiare il livello minimo di vita del cittadino.

Insomma bloccare la attività lavorativa, privarlo del domicilio…che stato si macchierebbe di tali nefandezze?

Per fortuna l’agenzia delle entrate per evitare di dover incorrere in tale increscosa attività si trovò coadiuvata da un nuovo soggetto, equitalia, che aveva meno vincoli in questo senso e quindi poteva operare più efficacemente (qualcuno, io no ovviamente, potrebbe dire in barba all’etica e alla morale?) procedendo anche al sequestro di immobili di residenza e strumenti di lavoro.

Ora questo fatto, apparentemente ininfluente, ha una valenza strategica enorme; le statistiche della sofferenza dello stato nei confronti di chi deve pagare le tasse dicono che la maggior parte di questo credito appartiene ad un numero relativamente esiguo di grandi evasori, mentre una minoranza è divisa su una grandissima fetta della popolazione. La ragione per cui tanti piccoli contraggono debiti con lo stato potrebbe essere l’alto livello impositivo e la crisi economica ma, diciamolo, perchè andare cosi per il sottile?

Ora supponiamo che la differenza sia dell’ordine 70% il capitale in carico ai grandi evasori e 30% in carico ai piccoli…con chi si muove equitalia e l’agenzia delle entrate? Ma ovviamente con il 30%.

La ragione è abbastanza semplice: mentre chi detiene il 70% dell’evaso è comunque abbastanza ricco ed esperto da poter muovere avvocati ed alimentare un lungo contenzioso il 30% di solito si trova nella condizione di non potersi neanche permettere la copertura legale per un contenzioso con lo stato. Come risultato colpire nel 30% risulta molto più facile. Certo questo significa alimentare una maggiore quantità di azioni piccole per lo stato, ma spesso devastanti per il piccolo contribuente. Ma via dura lex sed lex no?

Ora se sei un dirigente di equitalia sarai misurato indipendentemente dalla origine dei recuperi  ma solo dalla sua quantità (pecunia non olet, alla faccia dell’etica) e quindi ti muoverai di conseguenza sparando nel mucchio, peccato se qualcuno ci lascia le penne.

Va da se che questo potrebbe portare ad un ulteriore impoverimento del tessuto sociale, ma la colpa non è di nessuno. Mi sembra di ricordare che una volta qualcuno parlò di evasione di sopravvivenza, e un alto dirigente non ricordo se di equitalia o dell’agenzia delle entrate chiosò con un “se è vero che esiste una evasione di sopravvivenza, gli evasori sono comunque parassiti”; si potrebbe obiettare, mi io mai lo direi, che parassita è una entità che consuma le risorse dell’ospite sino ad ucciderlo, il che assomiglia molto a quello che fa equitalia, ma ripeto io mai sosterrei una cosa del genere.

Certo si potrebbe invece pensare ad un simbionte, che vive delle risorse dell’ospite dando in cambio del valore indispensabile per questo, come la nostra flora batterica, ad esempio, che ci è indispensabile per vivere. Ma uno stato così sarebbe una chimera utopistica …

Quindi ricapitolando la nuova legge di stabilità potrebbe portare da un lato tagli fiscali alle imprese, ma come controparte la uccisione della gran parte della capacità economica del paese. Insomma le imprese potrebbero anche tornare ad assumere, ma se nessuno può comprare…..

Ora il problema è solo marginalmente la partita finanziaria, se ci fosse ad esempio una indicazione che il recupero fiscale sarebbe fatto al 90% sul 70% mancante e il rimanente 10% sul 30% a scalare per valore di evasione (dal più grande al più piccolo, insomma) con possibilità di sospensione o rimodulazione del debito per chi abbia problemi economici si potrebbe fare un sospiro di sollievo, se gli sgravi contributivi per le nuove assunzioni fossero dati solo a chi presenta un saldo positivo di assunti (evitando quindi il fenomeno della sostituzione della forza lavoro per approfittare della detassazione) si potrebbe pensare ad una manovra che effettivamente cerca di aumentare l’occupazione… ma di tutto questo io non ho sentito nulla, mentre sento dell’aumento dell’IVA e delle accise (su cui per altro paghiamo l’iva).

Dato che il paese negli ultimi 20 anni non mi ha dato motivi per essere fiducioso, posso mostrare segni di leggera inquietudine e dire che continuo ad evere paura?

 

Ogni commento è benvenuto.