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martedì 18 agosto 2020

Certe elezioni spaventano più di altre.

Immaginatevi un paese moderno dove il presidente a ridosso delle elezioni inizia a dire che

  1. non riconoscerà la vittoria dell’antagonista
  2. mette in discussione con largo anticipo l’eventuale risultato se l’elezione si basa su un meccanismo che renderebbe i votanti della controparte più propensi a votare
  3. nonostante lo sviluppo incontrollato della pandemia continua a dire che va tutto bene
  4. a fronte di milioni di contagiati se la prende con app internet
  5. da la colpa di tutto o ad un paese orientale o al presidente che lo ha preceduto.
  6. dichiara pubblicamente che non chiederà scusa mai anche se in torto perchè non la sua tecnica negoziale…
  7. derubrica proteste e tensioni popolari come una attività di lazzaroni e criminali
  8. ….

Di che paese si tratta? Mi direte chiaramente la Bielorussia di Lucashenko…l’ultimo dittatore europeo.

Invece no, si tratta del presidente dello stato più armato ed economicamente più potente del mondo Donald J Trump.

Le prossime elezioni presidenziali stanno già producendo distorsioni alla tradizione democratica degli stati uniti che saranno difficilmente riducibili a breve, ed i danni provocati alla immagine del paese, ed alla rule of law internazionale rimarranno per parecchio.

Pur non essendo elezioni del mio paese, mi spaventano per pe possibili ripercussioni globali, e le tensioni che esploderanno a breve.

La ricerca spasmodica di un approccio tattico che mascheri le evidenti mancanze della amministrazione americana, quantomeno sul fronte covid ha portato gli Stati Uniti a cercare una narrativa in cui la Cina è la fonte di ogni male.

La dinamica politica Americana ha sempre avuto bisogno del cattivo di turno, non essendoci più la USSR a disposizione nel tempo si è usata Cuba, per poi passare allo scacchiere medio-orientale e ai movimenti fondamentalisti islamici, per non mancare l’Iran ed, ovviamente la Cina. Il tutto condito spesso, per l’appetito dell’opinione pubblica, con assunzioni abbastanza fantasiose. Si pensi alle accuse di lungo corso verso l’Iran (sciita) di fomentare e finanziare il terrorismo sunnita.

Sotto elezioni è normale che un atteggiamento tattico legato alle dinamiche politiche interne prenda piede, ma i 4 anni dell’amministrazione Trump sono stati dedicati, in larga parte, a tatticismi di breve respiro orientati a tenere in piedi una infinita campagna elettorale i cui capisaldi sono stati:

la demonizzazione della amministrazione precedente

la demonizzazione di qualsiasi forma di critica, anche interna.

la retorica della grandezza indipendentemente dalla realtà

A questo si aggiunge un culto della personalità che non si era ancora visto negli stati uniti e che ricorda certi comportamenti latinoamericani.

Del resto sin dall’inizio la presidenza Trump ha significato una modalità di comunicazione particolare:

Dalla folla inesistente alla sua inaugurazione al sole che è apparso quando lui ha iniziato a parlare gli aneddoti sono infiniti.

E le sue interviste epiche sotto molti aspetti sono state oggetto di dibattito (ed ironia) da parte di molti detrattori. L’ultima che mi viene in mente effettuata da Jonathan Swan per Axios è terrificante, considerando il potere del soggetto di cui parliamo.

Dati forniti casualmente, riferimenti sbagliati, statistiche insensate e risposte non congruenti ne sono stati il leitmotiv.

Ma qualsiasi fact check sulla sua figura viene considerato dai suoi sostenitori un affronto.

Ora non ho dubbi che il lettore che si senta apparentato a quello specifico movimento político si sentirà indignato e pronto all’insulto, e non è certo a loro che rivolgo il mio pensiero, sarebbe fatica sprecata.

Il motivo del mio timore però è legato non tanto agli attacchi tattici contro TikTok o il sostenere che tra i suprematisti bianchi vi siano anche brave persone. Sono questioni su cui si può opinare politicamente certo ma non mi spaventano. Il punto principale è la ricerca da parte della destra Trumpsta di una ragione di scontro che giustifichi eventuali azioni di forza in funzione di una possibile sconfitta elettorale o di proteste a seguito di una vittoria.

Le rivolte legate alla morte di George Floyd sono state un banco di prova interessante, per la prima volta sul suolo statunitense si sono visti agenti federali senza riconoscimenti ed insegne effettuare arresti arbitrari largamente documentati (e negati o minimizzati dalla amministrazione). Una cosa del genere ce la aspettiamo in molti paesi latinoamericani, o in Bielorussia ma non sul suolo degli Stati Uniti.

La radicalizzazione dello scontro e l’uso della forza diventa preoccupante se si analizza un contesto dove assistiamo al sistematico attacco verso le modalità di voto che tengano conto delle difficoltà legate al covid19. Non occorre essere un genio per capirne i due sostegni prncipali:

Da un lato è allineato alla narrazione anticovid della amministrazione (non è il solo,da Bolsonaro a Lukashenko i negazionisti abbondano da tutte le parti) dall’altro è una operazione che va a colpire la fascia di popolazione più cauta sulla pandemia che, guardacaso, è principalmente non trampista.

l’attacco corrente verso il mail ballot e, contestualmente, il servizio postale americano ne sono una chiara dimostrazione.

é evidentemente una mossa tattica, cpol completo disinteresse delle conseguenze a medio e lungo termine, e al contempo apre scenari preoccupanti.

  1. Supponiamo che Trump non vinca le elezioni effettuate col mail ballot in grande quantità: la polemica costruita in questo momento contro il mail ballot gli darebbe adito a gridare ai brogli come conferma di quanto sosteneva prima delle elezioni. Se la sua reazione fosse di non riconoscere l’esito una deriva violenta è uno scenario non secondario. La domanda sarebbe dove si pongono le forze armate (ed in particolare la guardia nazionale) di fronte ad un confronto tra un presidente eletto e un 2ex” che non ne riconosce l’esito.
  2. Supponiamo ora che Trump vinca le elezioni effettuate col Mail Ballot, alla luce degli attacchi al servizio postale non è improbabile che una fetta della popolazione si senta defraudata ed esacerbi la protesta, che verrebbe probabilmente sedata con la forza. Non esistono precedenti che ci indichino che Trump sia disponibile a negoziare sulla sua assolutezza.
  3. Supponiamo quindi che Trump non vinca le elezioni senza mail ballot, in questo scenario persino per Trump sarebbe difficile giustificare il non riconoscimento del vincitore. Con un ma, in passato Trump ha espresso più volte teorie cospirazioniste secondo cui i democratici avevano barato facendo votare cadaveri, clandestini, spostando gente da contea a contea per votare più volte e via dicendo. Ovvio il tutto senza uno straccio di prova, evidenza o risultanza statistica, ma questi sono elementi che non interessano ne a Trump ne al suo elettorato.
  4. Supponiamo infine che Trump vinca le elezioni senza mail ballot, siamo in una situazione simile al punto 2, ma con tensioni estremamente più forti dal momento che la controparte potrebbe realmente sentirsi in uno scenario di tipo Venezuelano. n questo caso la violenza bipartisan sarebbe estremamente probabile.

Questa situazione negli Stati Uniti non ha precedenti, questo livello di radicalizzazione e il disprezzo delle regole della convivenza civile mostrati da Trump ed il suo entourage sono unici.

Purtroppo fare previsioni è difficile, anche perchè non è semplicissimo decifrare cosa vuole o dice trump, per capirlo guardatevi questo video

Spero che il tutto si svolga nel migliore dei modi, ovviamente, ma al momento l’outlook non è proprio dei più rosei.



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