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domenica 9 agosto 2020

Elezioni USA: cybersecurity o cyberwarfare?

La cybersecurity è un campo che, ultimamente, rientra prepotentemente nel linguaggio politico.

Le ragioni sono molteplici:

  • fa figo
  • ha fatto strada nei mainstream media
  • e “giovane”

ma sopratutto

  • permette una polarizzazione tra USA e cina (con una leggera presenza russa)

Tutta la narrazione della cybersecurity recente punta il dito contro cina, russia, iran e nord corea facendo meno attenzione alle attività occidentali. Non che non ci siano sia chiaro, ma perchè trovare un cattivo che sia altro da noi è sempre premiante.

Eventi come la sentenza Shrems2 che punta il dito sulle attività degli USA e della intrinseca impossibilità di proteggere i dati degli europei negli USA non ha avuto nessun rilievo, del resto non è geopoliticamente conveniente in questo momento.

Quello che invece conviene è trovare un cattivo esterno, e rilanciarlo sul piano comunicativo. E questo è quello che si vede.

La polarizzazione recente è dovuta a l’inasprimento della comunicazione legata alle prossime elezioni USA che, volenti o nolenti, coprono gran parte della nostra comunicazione.

Social media e stampa diventano terreno di scambio di informazione e disinformazione.

La cybersecurity diventa quindi materiale di scambio per il cyberwarfare, in maniera palese e, spesso, pacchiana.

Gli esempi recenti sono la campagna del presidente USA contro Tik Tok e Wechat\weixin. Questa ansia di difendere il suolo americano contro i cattivi cinesi è assolutamente strumentale alla comunicazione della campagna elettorale, a fronte dell’ovvio fallimento di gestione del covid-19 da parte della amministrazione ecco trovare un Leitmotif unificante: i cinesi sono i cattivi. Del resto anche il virus è il “virus cinese”.

Va da se che la controparte politica trova nei veri o presunti legami tra il presidente USA e quello russo la contropartita alla narrativa.

Il risultato di queste tensioni si esplica in notizie, leak, report che servono a costruire la narrazione stessa.

Si prenda ad esempio questo report appena sfornato caldo caldo da parte de L’Office of the Director of National  Intelligence americana (ODNI), per altro nominato da POTUS (President Of The United States)

https://www.dni.gov/index.php/newsroom/press-releases/item/2135-statement-by-ncsc-director-william-evanina-100-days-until-election-2020

Si delinea un quadro in cui i cinesi vogliono danneggiare il candidato presidente repubblicano assieme agli iraniani mentre i russi sarebbero favorevoli alla rielezione. L’aperta ostilità della amministrazione americana verso la cina sarebbe quindi difensiva a fronte di un “evidente” interferenza cinese a favore dell’avversario politico.

In questo quadro si inserisce l’attacco prima verso huawei e ora verso un altro elemento di successo cinese, l’app tik-tok.

Questo approccio consistente consente da un lato di mostrare la difesa degli interessi americano attaccando Tik Tok (atto fondamentale durante una pandemia) e dall’altro dando poi la giustificazione per rigettare un eventuale sentenza elettorale non gradita, si pensi in questo senso alla narrativa repubblicana contro il mail ballot e alle affermazioni di Trump che non ha mai voluto dire pubblicamente che accetterebbe il risultato elettorale se a lui non favorevole

Nulla di nuovo direte, ma il fatto che la comunicazione esca adesso, dopo una pressante narrativa che diceva che i russi avevano aiutato Trump nella elezione è interessante.

Si corre ai ripari riequilibrando le cose mettendo due nuovi cattivi (iraniani e cinesi) che vorrebbero danneggiare la rielezione del presidente.

Ora il fatto che non ci siano evidenze di sorta è abbastanza normale. Le evidenze sono sempre un problema in geopolitica: a meno che non diano un vantaggio tattico diretto (ed ammesso e non concesso che esistano) non si spendono mai per evitare imbarazzanti escalation.

Le interferenze russe, comunque, sono state provate da terze parti e da diverse attività criminali associate, ancorchè non è chiaro quale sia stata la effettiva efficacia nella precedente tornata elettorale. Le interferenze cinesi solo recentemente si sono affacciate nella narrativa pubblica (si pensi alla reazione europea con le relative sanzioni verso alcuni soggetti\aziende), mentre sulle attività iraniane siamo alla pura speculazione.

Dobbiamo aspettarci in questi prossimi mesi un crescendo di notizie incredibili di attività di spionaggio di questo o quell’attore?

Probabimente si, se questo diventerà campo di scontro utile a coprire altre aree di comunicazione.

La cybersecurity rimane un campo ancora non da grande platea, salvo poche cose ecclatanti tipo l’affair tik tok potremmo aspettarci mosse in caso di andamenti elettorali non previsti..



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