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mercoledì 16 novembre 2022

Ci aspetta una lunga campagna elettorale

“Abbiamo finito le elezioni e finalmente i toni diventeranno accettabili e il nuovo esecutivo, a fronte di una situazione difficile dal punto di vista geopolitico ed economico, potrà concentrarsi su priorità ben definite.”

unknown

Davvero?

In realtà io credo che ci aspetta un lungo periodo di campagna elettorale, quindi rassegnamoci a certi toni e grida e a scelte che non sembrerebbero prioritarie.

Le ragioni sono connesse alla composizione delle forze in campo, sia dal lato dell’esecutivo e la sua maggioranza, che dal lato della opposizione.

Se da un lato, infatti, le opposizioni necessitano di visibilità (e FdI ha insegnato che più si grida più si è apprezzati) dall’altro nel governo la lega e Salvini hanno bisogno di recuperare il terreno perso partecipando ai governi precedenti.

Il peso di questa permanenza ha avuto un riflesso elettorale evidente nei numeri, ed un calo nell’appeal di Salvini sul sulla sua base elettorale. Evidentemente però, internamente alla lega, pur con malumori e distinguo, nessuno ha ancora la forza politica di sostituire Salvini, cui va riconosciuto di aver creato attorno alla sua figura un culto della personalità e dell’uomo forte (si pensi al soprannome che è stato creato ad arte dai suoi esperti di comunicazione) che ha attirato molti elettori.

Il risultato delle elezioni ha visto parte dell’elettorato leghista muoversi verso Fratelli di Italia che essendo all’opposizione aveva mano più libera nel fare proclami e grida, cosa che, però, in qualche modo vincolerà le sue prossime scelte.

Per la Lega la questione è ardua, non essendo all’opposizione la unica strada è alzare i toni per far vedere al suo potenziale elettorato (confluito in parte in FdI) il “valore” che non è stato percepito. E la necessità di evidenziare la presenza nell’ennesima compagine governativa la propria immagine pur non creando problemi all’esecutivo.

Da qui i cavalli di battaglia soliti, con post ed esclamazioni varie, elementi di trionfalismo e populismo puerile. La presenza su twitter della lega, in questo momento, è poco diversa da quella che si aveva in campagna elettorale, si differenzia non per gli argomenti ma per i toni trionfalistici con evidente autoattribuzione.

Anche le strizzate d’occhio filoputiniane della lega assolvono a questa esigenza in contrapposizione, per altro diretta, a FdI. Una serie di distinguo che serve a marcare il territorio per la sopravvivenza elettorale futura.

Esiste quindi, all’interno della maggioranza, una esigenza di competere sullo stesso elettorato di riferimento per recuperare o mantenere posizione. Esigenza che va espressa con azioni che diano visibilità e soddisfazione ad alcune aree del loro elettorato di riferimento che, in larga parte, si sovrappone.

A riprova di ciò sia lega che FdI si contendono ancora le simpatie dell’elettorato novax ed in area di complotto che, pur essendo minoritario, ha un notevole volume comunicativo.

Certe leve assolvono alla esigenza di avere dei moltiplicatori di comunicazione sopratutto nei social, dove le bolle di comunicazione create dagli algoritmi usati, permettono di amplificare certi messaggi su elettorati ben precisi.

Questo comporterà una certa radicalizzazione della comunicazione e guiderà alcune scelte dell’esecutivo, come ad esempio i riferimenti alla pandemia o all’immigrazione, canali di sicuro appeal e facilmente spendibili nei social.

Abbiamo quindi da un lato l’opposizione che deve fare campagna elettorale interna per recuperare consensi e mantenere visibilità, dall’altro due delle 3 compagni al governo che hanno necessità di continuare la campagna elettorale per gestire i movimenti interni.

La posizione di Forza Italia, in questo momento, rimane defilata, probabilmente a causa della necessità di sistemare le cose in casa propria sapendo che, probabilmente, hanno raggiunto il minimo della loro base elettorale e che sotto difficilmente possono scendere. Il problema di FI non risiede nella possibilità di perdere voti nei confronti di Lega o Fratelli di Italia, ma da come si muoverà e ridefinirà la opposizione. L’identità centrista di FI è infatti l’elemento di distinzione forte rispetto ai due alleati di governo.

Sarà interessante vedere quale sarà la nuova anima del PD, se prenderà una identità sua o rimarrà un coacervo di istanze anche antitetiche senza avere la capacità di sintesi politica che aveva, ad esempio, la vecchia democrazia cristiana.

A momento è una scatola “vuota” che aspetta di avere contenuti, quindi al momento si rimane alla genericità di una opposizione di facciata. Del resto la mia impressione è che tutta la campagna elettorale improntata al “loro sono il peggio” nei confronti della compagine che ha vinto fosse l’unico legame interno che unisse le varie anime del PD.

In questo senso il movimento 5 stelle ha gioco più facile potendo esprimere con meno vincoli posizioni anche più rigide (dualmente a quello che fece fratelli di italia quando era all’opposizione) e strizzare l’occhio anche alle posizioni più filorusse (in diretta concorrenza alla Lega).

Se il “terzo polo” “centrista” riuscirà ad assumere una valenza politica di riferimento tale da attirare consensi a destra (principalmente in area FI) probabilmente vedremo anche la terza componente dell’esecutivo aumentare la pressione comunicativa. Forse le elezioni regionali, in questo senso, potranno darci indicazioni. certo che i movimenti, ad esempio, in lombardia indicano nell’elettorato di centrodestra un loro target di riferimento.

Il risultato della situazione corrente è che non è difficile immaginare che ci sarà una polarizzazione ulteriore e un inasprimento dei toni comunicativi tra i vari soggetti coinvolti, recuperando anche argomenti che sembravano “chiusi”.

Questo perché su alcuni temi importanti, come quelli economici, occorrerà fare scelte non completamente allineate alle promesse elettorali e quindi, in virtù delle esigenze di visibilità, si punterà comunicativamente ad altro.

Anche perchè tali polarizzazioni sono più facilmente spendibili sia a livello di social media che di “giornalismo politico”

Vedremo.

lunedì 17 marzo 2014

Legge elettorale: le donne possono attendere

Ma esiste bavero questa differenza tra uomo e donna? È proprio vero che ad oggi ci sono ancora differenti di possibilità di accesso alla cariche politiche ed al parlamento?

A giudicare da quello che risulta dal voto del palamento sull’emendamento che chiedeva di introdurre delle quote”Rosa”anche per i capilista direi di no..

Ma insomma, io queste parlamentari non le capisco… Cosa pretendono dai loro colleghi uomini…. che mettano la loro poltrona a rischio per un senso di uguaglianza ed rispetto? siamo in Italia signore onorevoli, non in Svezia o in uno di quei paesi con poca storia e cultura che hanno bisogno di legiferare l’eguaglianza tra i generi.

Certo che a ben vedere le donne non avrebbero tutti i torti le differenze tra uomini e donne per quello che riguarda la capacità di accesso alle poltrone è tragicamente dispari ed in favore dei maschietti.

Qualche parlamentare ha persino spiegato che tale emendamento avrebbe introdotto un vulnus (chissà perché ho sempre l’impressione che si usi il termine latino “vulnus” quando si vuole coprire una sciocchezza) terribile al nostro ordinamento perché avrebbe certificato un illecito percorso “privilegiato” ad un genere (quello femminile) in barba al dettato costituzionale che dichiara l’uguaglianza..

La cosa che mi ha lasciato maggiore perplessità di questa dotta discussione, sono alcune delle motivazioni contrarie a questo emendamento, alcune provenienti da donne, per altro.

Premetto che chiunque può e deve avere la propria opinione ma, contestualmente, vige il diritto di critica, ma tanto per andare sul sicuro ho l’hosting dei miei blog tra USA e Germania tanto per evitare possibili richieste di oscuramento :).

 

“se fossi una donna eletta mi vergognerei se non fossi stata eletta per le mie capacità ma per una legge che mi ha favorito”

Questa obiezione è una delle mie favorite e quindi inizio con questa. Innanzi tutto potrei obiettare che il senso di tali leggi non è quello di favorire una specifica persona, ne di interferire con la normale dialettica politica interna che premia questo o quel candidato, ma quello di indirizzare un macro fenomeno che distorce, carta canta, la paritetica opportunità di accesso alle cariche politiche e non solo da parte del “gentil” sesso. Esistono nel nostro ordinamento diversi esempi di correttivi per permettere un accesso minimo a fasce sociali specifiche: dall’ingresso al lavoro per i diversamente abili, alla parità linguistica garantita in  alto Adige. Le stesse liste elettorali sono oggetto di quote, si pensi a quelle europee ad esempio. La personalizzazione della questione (“io se fossi”) è quindi errata in quanto il senso dell’emendamento non era rivolto ad un soggetto specifico ma ad alimentare una oggettivamente inesistente parità di genere. Quanto poi al vergognarsi di essere eletti senza titoli o meriti, beh a giudicare dal nostro parlamento non sembra vi sia proprio questa spasmodica esigenza ontologica all’eccellenza.

“questo emendamento avrebbe introdotto un vulnus…”

Ho già espresso prima la mia opinione sul termine “vulnus” e di come sia usato, in questo caso devo dire che mi sembra proprio sia stato usato in quel senso (anche se prontamente corretto come ferita durante l’intervista). è innegabile che la nostra costituzione sancisca la parità di genere:

Articolo 3 
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

 

Ma vorrei porre attenzione sul secondo paragrafo d questo articolo ove si dice che è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli alla uguaglianza ed alla effettiva partecipazione alla organizzazione politica, economica e sociale.

Ne consegue, a meno di voler sostenere che non esiste il problema, che il “vulnus” esiste non nelle quote ma nella mancanza di queste, in quanto esiste un oggettivo problema di accesso.

Se poi il problema fosse stato legato al percorso facilitato per un genere, sarebbe bastato porre quote minime paritetiche tipo “deve essere garantita una presenza in lista di appartenenti di genere diverso in misura non inferiore al 30% nelle composizioni sia nella struttura complessiva della lista che nei primi 3 nominativi di tali liste”

Anche se devo dire troverei almeno curiosa in italia la necessità di garantire la presenza di almeno un 30% di  uomini nelle liste elettorali.

Certo che le quote sono uno strumento discriminatorio, ma la loro funzione è quella di intervenire in maniera forzosa a ristabilire un minimo indice di equilibrio verso fasce altrimenti svantaggiate da fenomeni culturali o economici. Le quote rientrano quindi di diritto negli strumenti in uso alla Repubblica per eliminare quegli ostacoli alla eguaglianza citati nella nostra costituzione.

“non era oggetto dell’accordo sulla legge elettorale”

Effettivamente le quote non erano oggetto di accordo, ma questo non implica che il parlamento nella sua autonomia non possa porre dei correttivi. Francamente ritengo che l’introduzione delle quote non stravolgessero l’impianto della legge se non nel fatto che rischiavano di far scivolare la sedia da sotto il sedere di molti parlamentari uomini, come argutamente indicato da diverse esponenti donne bipartisan. Verrebbe quindi da chiedersi se non fosse, per caso, il posto (o la sua potenziale perdita) il “vulnus” cui si faceva riferimento in precedenza.

Rimane da chiedersi, come al solito, chi ha votato contro e chi no, sarebbe bello per una volta che al di la del voto segreto gli esponenti politici dichiarassero aduno ad uno cosa hanno votato e perché (magari vi sono obiezioni in merito di interesse). sarebbe quindi anche carino mappare i risultato del voto segreto con risultati della dichiarazione palese e vedere se coincidono. Io scommetterei su di una notevole differenza..ma io sono cattivo dentro 🙂

L’impressione generale di questa vicenda è, ancora una volta, un certo senso di tristezza e disagio di fronte  ad una politica che continua imperterrita a comportarsi in maniera insensibile alle istanza di rinnovamento provenienti addirittura dal suo interno. Mah, speriamo bene …

ciao

Antonio

 

Legge elettorale: le donne possono attendere

Ma esiste bavero questa differenza tra uomo e donna? È proprio vero che ad oggi ci sono ancora differenti di possibilità di accesso alla cariche politiche ed al parlamento?

A giudicare da quello che risulta dal voto del palamento sull’emendamento che chiedeva di introdurre delle quote”Rosa”anche per i capilista direi di no..

Ma insomma, io queste parlamentari non le capisco… Cosa pretendono dai loro colleghi uomini…. che mettano la loro poltrona a rischio per un senso di uguaglianza ed rispetto? siamo in Italia signore onorevoli, non in Svezia o in uno di quei paesi con poca storia e cultura che hanno bisogno di legiferare l’eguaglianza tra i generi.

Certo che a ben vedere le donne non avrebbero tutti i torti le differenze tra uomini e donne per quello che riguarda la capacità di accesso alle poltrone è tragicamente dispari ed in favore dei maschietti.

Qualche parlamentare ha persino spiegato che tale emendamento avrebbe introdotto un vulnus (chissà perché ho sempre l’impressione che si usi il termine latino “vulnus” quando si vuole coprire una sciocchezza) terribile al nostro ordinamento perché avrebbe certificato un illecito percorso “privilegiato” ad un genere (quello femminile) in barba al dettato costituzionale che dichiara l’uguaglianza..

La cosa che mi ha lasciato maggiore perplessità di questa dotta discussione, sono alcune delle motivazioni contrarie a questo emendamento, alcune provenienti da donne, per altro.

Premetto che chiunque può e deve avere la propria opinione ma, contestualmente, vige il diritto di critica, ma tanto per andare sul sicuro ho l’hosting dei miei blog tra USA e Germania tanto per evitare possibili richieste di oscuramento :).

 

“se fossi una donna eletta mi vergognerei se non fossi stata eletta per le mie capacità ma per una legge che mi ha favorito”

Questa obiezione è una delle mie favorite e quindi inizio con questa. Innanzi tutto potrei obiettare che il senso di tali leggi non è quello di favorire una specifica persona, ne di interferire con la normale dialettica politica interna che premia questo o quel candidato, ma quello di indirizzare un macro fenomeno che distorce, carta canta, la paritetica opportunità di accesso alle cariche politiche e non solo da parte del “gentil” sesso. Esistono nel nostro ordinamento diversi esempi di correttivi per permettere un accesso minimo a fasce sociali specifiche: dall’ingresso al lavoro per i diversamente abili, alla parità linguistica garantita in  alto Adige. Le stesse liste elettorali sono oggetto di quote, si pensi a quelle europee ad esempio. La personalizzazione della questione (“io se fossi”) è quindi errata in quanto il senso dell’emendamento non era rivolto ad un soggetto specifico ma ad alimentare una oggettivamente inesistente parità di genere. Quanto poi al vergognarsi di essere eletti senza titoli o meriti, beh a giudicare dal nostro parlamento non sembra vi sia proprio questa spasmodica esigenza ontologica all’eccellenza.

“questo emendamento avrebbe introdotto un vulnus…”

Ho già espresso prima la mia opinione sul termine “vulnus” e di come sia usato, in questo caso devo dire che mi sembra proprio sia stato usato in quel senso (anche se prontamente corretto come ferita durante l’intervista). è innegabile che la nostra costituzione sancisca la parità di genere:

Articolo 3 
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

 

Ma vorrei porre attenzione sul secondo paragrafo d questo articolo ove si dice che è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli alla uguaglianza ed alla effettiva partecipazione alla organizzazione politica, economica e sociale.

Ne consegue, a meno di voler sostenere che non esiste il problema, che il “vulnus” esiste non nelle quote ma nella mancanza di queste, in quanto esiste un oggettivo problema di accesso.

Se poi il problema fosse stato legato al percorso facilitato per un genere, sarebbe bastato porre quote minime paritetiche tipo “deve essere garantita una presenza in lista di appartenenti di genere diverso in misura non inferiore al 30% nelle composizioni sia nella struttura complessiva della lista che nei primi 3 nominativi di tali liste”

Anche se devo dire troverei almeno curiosa in italia la necessità di garantire la presenza di almeno un 30% di  uomini nelle liste elettorali.

Certo che le quote sono uno strumento discriminatorio, ma la loro funzione è quella di intervenire in maniera forzosa a ristabilire un minimo indice di equilibrio verso fasce altrimenti svantaggiate da fenomeni culturali o economici. Le quote rientrano quindi di diritto negli strumenti in uso alla Repubblica per eliminare quegli ostacoli alla eguaglianza citati nella nostra costituzione.

“non era oggetto dell’accordo sulla legge elettorale”

Effettivamente le quote non erano oggetto di accordo, ma questo non implica che il parlamento nella sua autonomia non possa porre dei correttivi. Francamente ritengo che l’introduzione delle quote non stravolgessero l’impianto della legge se non nel fatto che rischiavano di far scivolare la sedia da sotto il sedere di molti parlamentari uomini, come argutamente indicato da diverse esponenti donne bipartisan. Verrebbe quindi da chiedersi se non fosse, per caso, il posto (o la sua potenziale perdita) il “vulnus” cui si faceva riferimento in precedenza.

Rimane da chiedersi, come al solito, chi ha votato contro e chi no, sarebbe bello per una volta che al di la del voto segreto gli esponenti politici dichiarassero aduno ad uno cosa hanno votato e perché (magari vi sono obiezioni in merito di interesse). sarebbe quindi anche carino mappare i risultato del voto segreto con risultati della dichiarazione palese e vedere se coincidono. Io scommetterei su di una notevole differenza..ma io sono cattivo dentro 🙂

L’impressione generale di questa vicenda è, ancora una volta, un certo senso di tristezza e disagio di fronte  ad una politica che continua imperterrita a comportarsi in maniera insensibile alle istanza di rinnovamento provenienti addirittura dal suo interno. Mah, speriamo bene …

ciao

Antonio

 

lunedì 26 aprile 2010

Politicando… politica ed informazione

Stavo parlando, qualche giorno fa, con un amico e si commentava come le fonti ufficiali di informazione (giornali e telegiornali in primis) hanno presentato la diatriba tra Fini e Berlusconi.

Effettivamente abbiamo entrambi osservato come si sia presentata una questione squisitamente politica in termini di mera gestione del potere.

Nulla si è detto sul valore politico delle posizioni di Fini che rappresentano una legittima espressione di una visione di stato e intervento sulla cosa pubblica (mi si conceda, nel senso più alto di fare politica) che può essere condivisibile o meno, ma sicuramente rispettabile. Si è invece presentata la questione in meri termini di bilancio di forze e numeri, lasciando che il contenuto fosse sommerso dalla mera gestione del potere.

L’immagine che viene fuori della politica italiana e della informazione ad essa associata è, ancora una volta, abbastanza deprimente.

Ora, pero, la questione che più mi spaventa è il capire se il presentare un legittimo confronto politico in meri termini di gestione del potere sia legato ad una precisa volontà di mettere in secondo piano i termini più alti della politica o a semplice scelta di non tediare lo spettatorelettore :).

Un senso analogo di fastidio lo avevo provato quando, a fine elezioni amministrative, avevo sentito su radiorai un commento sprezzante verso coloro che hanno fatto la dolorosa scelta della astensione.

Il commentatore, di cui non ricordo il nome, a seguito di un intervento telefonico di un cittadino che aveva dichiarato la sua astensione, per la prima volta, dalle urne aveva commentato come chi non vota non abbia diritto poi di lamentarsi sull’andamento del voto (e su questo convengo abbia tutte le ragioni del caso) e che avrebbe piuttosto dovuto fare la scelta del male minore, perché, e qui viene la cosa che mi ha disturbato, adesso comunque i vincitori stavano discutendo di poltrone e seggi e chi non aveva votato  aveva comunque torto.

Pur convenendo che si possa non apprezzare l’astensione, occorrerebbe che a questa fosse riconosciuto un valore politico da chi a cuore la cosa pubblica, altrimenti ancora una volta si è presentata la politica come un momento di mera spartizione del potere.

Il dirittodovere al voto sancito dalla nostra costituzione va esercitato nelle forme e nei modi che la legge presenta. Laddove ci fosse obbligo espresso, andare a votare sarebbe in imperativo, ed il dissenso potrebbe essere espresso annullando la scheda o lasciandola intonsa. Ma se l’ordinamento attuale concede anche il diritto all’astensione questa deve essere interpretata per quello che è, una forma di dissenso legittima.

Significato profondamente diverso assume, quindi, in presenza della possibilità dell’astensione la scelta di andare a votare, andare a votare annullando la scheda, andare a votare con scheda bianca o non andare a votare direttamente.

Se poi è vero che nei termini della composizione parlamentare gli assenti non hanno rappresentanza non è altrettanto vero che questi non abbiano valenza politica,  meno che per politica si intenda la spartizione di sedie e poltrone.

sigh